La Navata Centrale.
All'interno del Duomo le sembianze del tempio greco sono altamente visibili e riconoscibili, infatti il Duomo di Siracusa a differenza di molte altre eleganti chiese e cattedrali non mostra lisce colonne o fregi articolati, la sua navata è stata ottenuta aprendo dei varchi nelle spesse mura dell'antica cella del tempio siceliota, dunque li risultato che oggi vediamo è frutto di una struttura che sta lì da millenni ed è questo il motivo della sua austerità e del suo singolare aspetto.
Varcato il portone centrale dell'atrio si giunge all'interno del Duomo siracusano, al suo ingresso si possono ammirare due grandi colonne doriche, delle quali rimane visibile il robusto, largo fusto (i fusti delle colonne doriche siracusane erano spessi ciascuno 2 m.) e i capitelli. Queste due colonne appartenevano all'Opistodomo del tempio era la stanza delle offerte sacre agli dei e vi potevano accedere solo i sacerdoti.
L'interno non è stato modificato e le sembianze che mostra sono ancora quelle dell'originaria basilica di epoca bizantina, la prima struttura cristiana del tempio. Anche i restauri avvenuti nel 1924-26 sono stati effettuati rispettando e non cambiando l'originaria forma medievale. Vicino l'ingresso si possono vedere due acquasantiere aventi forma di putti e sono opera dello scultore siracusano G. Puglisi (scolpite nel 1802). Il soffitto della navata centrale risale al 1528, è composto da robuste tavole lignee a travature. Nel restauro del 1645 vi vennero aggiunti gli stemmi delle famiglie nobili siracusane. Sotto la volta lignea vi è scolpita la frase in latino che riporta la risposta della lettera di Papa Leone X che nel 1517 riconobbe alla chiesa siracusana li ruolo di prima chiesa d'occidente e figlia dell'evangelizzazione degli apostoli (vedere frase latina citata già nel capitolo "storia" del Duomo).
La balaustra e il pavimento in marmo levigato sono di fine settecento (mentre quello della navata centrale risale al 1444); l'intera pavimentazione raffigura elaborate figure geometriche. I lampadari in ferro battuto sono opera dell'artigiano lombardo Alessandro Mazzucotelli (1865-1938). Al centro della navata un grande arco trionfale si apre e mostra un crocefisso in legno del XX secolo. Sempre al centro vi è una raffigurazione dell'edificio in epoca normanna. In fondo alla navata centrale vi si trovano due pulpiti, in stile medievale, costruiti nel 1926 e servivano per svolgere la loro funzione di rialzo per le orazioni; a sinistra per il vescovo a destra per il clero. Il presbiterio, ovvero l'area riservata agli oratori liturgici, è in stile barocco, è stata progettata dagli architetti siracusani Pompeo Picherali e Luciano Alì. È composta dal coro (la parte finale di una chiesa), dalla tribuna e dall'altare maggiore, la cui mensa è data dal grande monolite della trabeazione del tempio greco crollato durante il terremoto del 1693. E secondo le occasioni liturgiche esso può essere ricoperto o di vesta argentata oppure dorata (nella seconda fotografia di sinistra qui posta è possibile vedere la mensa ricoperta da mantello verde e bianco con ricami). Al centro dell'abside, progettato da Pompeo Pichereli e completato da Ignazio Marabitti, si trova un quadro seicentesco (olio su tela) raffigurante la "Natività di Maria", il cui artista si pensa sia o Agostino Scilla o Leburn. Nell'edicola del frontone vi è invece posta la tela di "Cristo Re" dipinto da Mario Albertella nel 1927. La parte strutturale dell'abside centrale è formato da quattro colonne in stile corinzio con elaborati stucchi di colore oro che sorreggono un ciborio barocco con decorazioni, bassorilievi e stucchi policromi.
Dall'estremità superiore delle quattro colonne si vedono modellate altrettante coppe decorate con lo stesso colore oro
La volta del presbiterio è lignea ed è impreziosita da elementi dorati, la sua composizione è a cassettoni e termina con tante piccole cupole di dorma ottagonale. Ai lati vi sorge il coro ligneo scolpito nel 1770 da Corrado Mazza e rivestito da una cupola progettata da Luciano Alì. All'interno del coro si possono vedere due grandi tele raffiguranti "S.Pietro nel porto di Antiochia" e "S.Paolo che predica nelle catacombe", sono opera del pittore romano Silvio Galimberti che le dipinse nel 1927. Al di sotto delle tele il coro presenta degli stalli lignei a pareti risalenti al XVII secolo. Dietro al coro si vedono due strutture in legno che servivano a sorreggere l'organo del Duomo, oggi non più funzionante. Qui vi è la tomba dell'Arcivescovo Giambattista Alagona, morto nel 1802.
La Navata del lato Sinistro
Nella navata di sinistra un tempo vi erano degli altari barocchi, eliminati poi durante i lavori di restauro del 1912-1915 e del 1924-1927. Al loro posto vennero messe delle statue e vennero riaperte le finestre bizantine. La navata sinistra è infatti caratterizzata da statue. Oltre alle imponenti colonne doriche è possibile vedere una serie di pregiate sculture cinquecentesche poste tra lo spazio che intercorre tra una colonna e l'altra. Queste sculture sono opera della famiglia Gagini, proveniente dal Canton Ticino in Svizzera e poi trasferitasi a Palermo e i cui esponenti si tramandavano l'arte del modellare di generazione in generazione.
Le statue sono posizionate nel seguente ordine (da sinistra a destra):
La prima è Santa Caterina d'Alessandria XVI secolo, scultore ignoto, la seconda è Santa Lucia 1527, di Antonello Gagini e la terza è Madonna col Bambino XVI secolo, di Domenico Gagini.
La Cappella della Madonna della Neve
Alla fine della navata sinistra, superate le statue e le robuste colonne doriche, vi si trova davanti una abside che contiene una cappella di epoca normanna che è stata dedicata alla Madonna della Neve, perché la statua di questa Madonna riuscì a rimanere illesa nonostante la furia del terremoto del 1693. Ad ella dunque è stata consacrata la cappella, infatti al suo interno vi è anche una statua della Madonna della Neve, opera dello scultore Antonello Gagini. A questa cappella vi si può accedere anche da una porta secondaria cinquecentesca tamponata che si trova nel lato laterale sinistro del Duomo, in via Minerva. Qui vi si trova anche la tomba dell'Arcivescovo Benedetto Lavecchia. La cappella è stata in parte ricostruita nel 1910. Il cancello che la cinge è in ferro battuto ed è stata opera dei fabbri fratelli Paradiso che vi hanno lavorato nel 1928.
La Navata del lato Destro
La navata destra è composta da diverse cappelle, la prima che si incontra dall'ingresso è la cappella del Battistero, così chiamata perché al suo interno custodisce un grande vaso battesimale. Questo vaso (o anfora) è di epoca greca e fu trovato nelle catacombe siracusane di San Giovanni, poi fu trasportato nella chiesa di San Giacomo, poi all'interno del Castello Maniace e infine giunse al Duomo. Il vaso battesimale è posto su dei leoncini di bronzo di periodo normanno. L'archeologo, nonché sacerdote e scrittore siracusano, Giuseppe Maria Capodieci, è stato autore di una preziosa raccolta di libri ottocenteschi riguardanti i monumenti della città e riguardo al vaso battesimale che si trova nella Cattedrale aretusea egli scrisse:
« ... alto palmi 3., e il circuito palmi 8., e once 6. Nel giro tutto del labbro si legge una greca iscrizione, ma alquanto logorata...
Nella cappella vi è poi una vetrata artistica che si trova dietro la fonte e raffigura "il battesimo di Gesù Cristo", opera dell'artista romano Eugenio Cisterna. Nelle pareti della cappella vi sono posti due preziosi mosaici anch'essi di epoca normanna, che un tempo decoravano l'abside e la cattedra episcopale della basilica normanna. Da questa cappella inoltre vi è una porta dalla quale si accede alle stanze del Palazzo Arcivescovile, comunicante con il Duomo, presso il quale si trova la stanza dove vi è l'esposizione del cosiddetto "Museo Luciano", ovvero un museo dedicato a Santa Lucia, siracusana e patrona di questa città, dove vi si trovano reliquie appartenute alla Santa (capi vestiari ad esempio), poi vi sono degli Ex voto donati dai devoti e molte rappresentazioni pittoriche e fotografiche delle periodiche feste a lei dedicate.
Seconda cappella: La cappella di Santa Lucia
La cappella di Santa Lucia è di grande significato per i siracusani, poiché in essa sono custoditi cimeli e ricordi della propria storia. Tale cappella fu progettata dall'architetto siracusano Pompeo Picherali, verso gli anni del settecento. Vi si accede tramite una lavorata inferriata di ferro battuto costruita dal fabbro, anch'esso siracusano, Pietro Spagnuolo. La forma della cappella è a pianta rettangolare con una cupola sul suffitto. Gli affreschi che decorano la cupola sono opera del pittore milanese Mario Albertella che vi lavorò nel 1926. Al centro della cappella vi è un altare composto da paliotto d'argento realizzato da Desio Fornò sui disegni di Mauro Troia (1750-1800). Dietro l'altare vi è posto un quadro olio su tela raffigurante la vergine Lucia da Siracusa ed è opera di un artista ignoto che dipinse questo quadro verso il XIII secolo.
Alle spalle del quadro vi è una nicchia, ovvero una cavità, nella quale vi è posto il prezioso simulacro argenteo di Santa Lucia. Esso è opera dello scultore palermitano Pietro Rizzo (1599-1600), mentre la cassa, anch'essa in argento, su cui poggia il simulacro, è attribuita a Nibilio Gagini, ed è decorata con bassorilievi che rappresentano le scene di vita della Santa. Il simulacro viene tenuto chiuso al sicuro dentro una custodia formata da due sportelli lignei e davanti ad essi un robusto cancello in ferro che la protegge, in quanto essa è considerata l'opera più preziosa del Duomo, e poiché un tempo venne rubata e poi ritrovata, da allora si sono prese misure più precauzionali. Una foto posta sul lato destro dell'altare consente di vedere la statua argentea della Santa in una raffigurazione della festività religiosa ad essa dedicata.
Descrizione simulacro argento di Santa Lucia
Questo simulacro è stato fabbricato a Palermo dai due argentieri prima citati. La cassa raffigura sei scene, divisi in pannelli, della vita della Santa: Lucia da Siracusa si spoglia dei suoi beni e li dona ai poveri; viene interrogata davanti al pretore romano Pascasio; risulta immune al supplizio del fuoco; avviene il prodigio dell'immobilità; prende la comunione; il seppellimento della Santa. La statua invece supera un po' le dimensioni dell'altezza naturale e rappresenta la Santa in movimento nell'atto di avanzare, tranquilla, con lo sguardo fiero verso il martirio. Le sue vesti hanno motivi floreali, il braccio destro è teso in avanti e la sua mano tiene un piatto con gli occhi, simbolo della vista, della luce. Al centro del piatto una fiamma scolpita dorata simboleggia la passione. La sua mano sinistra regge una palma e un giglio (in precedenza vi era anche un mazzo di rose), simbolo di fede e del martirio. Sulla gola un pugnale gemmato in lamine d'oro, poiché la Santa venne decapitata, e sulla testa una corona con otto cuspidi la cui estremità superiore è di forma lanceolata e in una di esse è incastonata una sardonica con incisa una porta turrita, l'antico stemma della città di Siracusa. La collana in smalto e la fibula alla vite sono doni preziosi fatti alla Santa da parte di cittadini devoti o benestanti. Sulla fibula sono incastonati dei preziosi ex voto. Il Senato della città donò al simulacreo quattro vasi in argento con fiori e spighe indorate che sono stati posti ai lati della cassa. Un trofeo argenteo eseguito da Vincenzo Catera nel 1850 è posto nel lato frontale della cassa; esso fu donato un militare e duca di Taormina ai militari di Siracusa, come segno di affetto e riconoscenza verso la Santa. Ai lati dell'altare sono poste due statue in marmo bianco raffiguranti sant'Antonio abate e Santa Maria Immacolata, sono attribuite anch'esse a scultori della famiglia Gagini. Sotto l'altare vi è posta una reliquia appartenente a Santa Lucia. Frontalmente vi sono delle panche sulle quali i fedeli possono sedere per pregare o sostare all'interno della cappella luciana. Nelle pareti laterali della cappella sono state poste le tombe dell'Arcivescovo Requiesenz e degli esponenti della famiglia Bonanno - Landolina (nobili ed ecclisiastici siracusani). Sopra di essi vi sono delle formelle, medaglioni marmorei con i busti di Santa Lucia (a sinistra) e San'Eutichio (a destra), opera dello scultore Ignazio Marabitti che le scolpì nel 1711. A destra del pavimento vi è conservato un cimelio molto particolare, si tratta infatti di una antica bomba da cannone inesplosa, si narra per miracolo, poiché essa era indirizzata al comandante austriaco assediato dagli spagnoli; Austria e Spagna combattevano per ottenere il controllo della città di Siracusa e ad un certo punto una bomba, quella bomba, finì sulla tavola da pranzo del comandante austriaco, il quale disperato fece voto a Santa Lucia promettendo che se la bomba non fosse esplosa egli avrebbe dichiarato Siracusa libera dagli austriaci. Così avvenne e così cessò la guerra per la città aretusea. Per questo motivo quel cimelio è conservato all'interno del Duomo. Il pavimento della cappella è in marmo decorato con motivi floreali policromi, ad opera di Gian Battista Rodolico, lavorazione risalente al 1740.
Terza cappella: la cappella del Sacramento
La terza cappella è quella consacrata al "Santissimo Sacramento", chiamata anche "cappella Torres", viene definita artisticamente e strutturalmente la più bella del Duomo, per via dei suoi affreschi sulla cupola e per via delle lavorate decorazioni architettoniche che la compongono. Venne edificata nel 1616 dai fratelli Andrea e Giovanni Vermexio. La sua pianta è ottagonale e la sua caratteristica principale sono i bassorilievi murali che la circondano, composti da colonne in stile corinzio ornate da numerose rifiniture dorate. In stile barocco, il centro della cappella presenta un tabernacolo (o ciborio) in legno dorato a forma di piccolo tempio, opera dell'architetto pittore napoletano Luigi Vanvitelli, noto per essere stato colui che progettò la Reggia di Caserta a Napoli. Ai lati dell'altare vi sono due portali, circondati da elaborate decorazioni scultoree, che conducono alla Sagrestia del Duomo. Al centro dell'altare vi è scolpito un paliotto marmoreo, opera dello scultore fiorentino Filippo Valle che vi lavorò nel 1762 e che raffigura l'Ultima Cena di Gesù. La balaustra marmorea e la decorazione artistica del pavimento sono opera del palermitano Ignazio Marabitti e del napoletano Giovan Battista Marino, il contratto dei lavori venne loro fatto dall'architetto siracusano Pompeo Picherali che, ormai in età avanzata, ammirava i lavori del giovane Marabitti e affidò loro l'opera nel 1746. Il pavimento della cappella si pensa sia opera degli stessi ue scultori sopra citati, ma ci si affida all'intuizione per l'attribuzione poiché nessun documento al riguardo è stato trovato, però osservando la somiglianza e la simile armonia che vi è con la balaustra, si è dunque dedotta questa teoria. Nella cappella, sul lato sinistro, vi è il Sepolcro dell'Arcivescovo Luigi Bignami, struttura scolpita dallo scultore catanese Sebastiano Agati. Sempre lateralmente vi è nella cappella anche una pregiata statua raffigurante la Madonna del Rosario, opera di artisti ignoti, la statua è posta su di un piccolo altare, posata su di una cavità la quale è circondata da due slanciate colonne marmoree in stile corinzio che danno sul grigio-verde e sopra di esse vi si trova un lavorato timpano con al centro dei bassorilievi scolpiti. Tre cartaglorie furono opera dell'argentiere romano Giuseppe Veladier (1791). Gli incensieri e la navetta furono opera dell'argentiere Lorenzo Petronelli e altri arredi sempre in argento furono invece opera dei fratelli siracusani Chindemi. Informa nei suoi studi riguardo alle argenterie della cappella, e alle relazioni con la scuola di argenteria romana, il siracusano (di Canicattini Bagni) Giuseppe Agnello.
Le cancellate in ferro battuto con i simboli eucaristici che si trovano tra le colonne doriche e l'ingresso della cappella furono lavorate dal catanese Domenico Ruggeri sui disegni di Alessandro Campo nel 1807-1811. La cappella viene detta anche "Torres" poiché fu il vescovo spagnolo di Siracusa, Juan de Torres Osorio, che volle la sua costruzione ed edificazone, per questo la cappella, oltre che al sacramento al quale è stata dedicata, porta anche il suo nome.
Come abbiamo potuto vedere a questa cappella vi lavorarono numerosi artisti e artigiani provenienti da più luoghi, alcuni dei quali parteciparono anche alla ricostruzione di Siracusa post-terremoto seicentesco. Tra gli altri nomi si citano quelli dei capimastri delle Regie Fabbriche, Antonio Greco, Cosimo Russo e Giuseppe Guido e poi ancora gli scultori maltesi Michele Casanova e Marcello Gaffar.
Quarta cappella: la cappella del Santissimo Crocifisso
L'ultima cappella è dedicata al Santissimo Crocifisso ed è situata sul finire della navata destra. Venne edificata nel 1691 per volere dell'arcivescovo Giuseppe Fortezza. Questa cappella è divisa dal resto della cattedrale poiché per la sua edificazione vennero distrutte le ultime tre colonne del pronao del tempio greco e dunque costituisce nel perimetro una chiesa a sé. Due anni dopo la sua costruzione avvenne il terribile terremoto che distrusse gran parte della Sicilia orientale, per cui molte parti della cattedrale vennero ricostruite tra cui anche la scritta incisa sull'ingresso di questa cappella. La sua pavimentazione con motivi geometrica risale al 1885 ed è caratterizzata da marmo bianco e nero che vanno a formare una figura di scacchiera. La cappella presenta tre altari che furono consacrati nel seguente ordine: il maggiore al Santissimo Crocefisso; l'altare di sinistra a San Marziano e l'altare di destra all'Immacolata. Nei due altari laterlai sono state aperte due nicchie dedicate una alla Madre degli Abbandonati e l'altra per l'Addolorata, vi si collocarono le rispettive statue scolpite nel 1858. Negli anni successivi cambiò poi la consacrazione dei due altari laterali e dunque vennero consacrati: quello di sinistra a San Zosimo e quello di destra a San Marziano. Caratterizzati entrambi da due grandi tele attribuite la prima, quattrocentesca, ad Antonella da Messina e la seconda alla scuola antonelliana. Sotto la mensa dei due altari vi si trovano due urne racchiudenti i corpi dei martiri San Benedetto e Santa Vittoria, presi entrambi dalle catacombe di San Callisto a Roma. Nelle pareti della cappella sono collocate le lapidi sepolcrali e monumenti funerari del vescovo Ettore Baranzini e arcivescovo Giacomo Carabelli. Il vescovo Baranzini fu noto alla popolazione dell'epoca poiché nel periodo della sua guida all'arcidiocesi siracusana, avvenne la celebre "Lacrimazione della Madonnina" nel 1953. Il suo monumento, scolpito in bronzo dallo scultore rosilinese Biagio Poidomani, raffigura la scena di quell'evento. Il monumento dell'arcivescovo Carabelli venne invece scolpito dal siracusano Pasquale Sgandurra. Al centro della Cappella, sul pavimento, vi è una lapide che copre un ossario dentro il quale sono sepolti i vescovi, i preti e i seminaristi vissuti nei secoli precedenti al 1700. Sempre la medesima cappella contiene anche le reliquie gentilizie di altri arcivescovi e nobili siracusani. L'Altare Maggiore è invece composto da quattro colonne in stile corinzie, divise due per lato, le quali sorreggono un timpano spezzato che reca al centro una vetrata artistica. L'elemento che caratterizza l'altare maggiore è un grande crocifisso bizantino posto al centro, il quale proveniente dalla Chiesa siracusana di San Giovanni alle Catacombe. La volta in gesso fu fatta costruire dal vescovo Alagona nel 1778 e presenta affreschi con figure di Santi. In precedenza nel coro vi erano tredici pannelli, di scuola antonelliana, con figure di Cristo ed apostoli, che sono poi state rimosse per timore di furto, oggi vengono dunque custodite. L'altare maggiore della cappella subì un trasloco, infatti nel 1885 Monsignor Alagona decise di restaurare e abbellire la cappella del Santissimo Crocifisso e vi tolse l'antico altare maggiore trasferendolo nella ex cattedrale di San Giovanni fuori le mura, e lo sostituì con l'altare maggiore che vi era nella cappella dell'antico Seminario di Chierici. L'abside della Cappella mostra affreschi d'Angeli del Paradiso, di firma ignota. Attraverso un'apertura sulla parete sinistra sull'altare maggiore si passa nella sagrestia dove sono custoditi 16 stalli lignei del sec. XVIII per la custodia delle suppellettili sacre. Dall'ultima cappella, attraverso un'apertura sulla parete sinistra posta sull'altare maggiore, si passa nella sagrestia, presso la quale sono custoditi 16 stalli lignei del XVIII secolo. La stanza è decorata con diversi affreschi settecenteschi ad opera del pittore Giuseppe Crestadoro, autore di numerose pitture in altri luoghi sacri della provincia siracusana. Infine, dalla sagrestia si ha accesso alle stanze del tesoro del Duomo, o Museo del Duomo, presso il quale sono conservati oggetti sacri di grande valore. L'architettura di queste stanze è opera dei fratelli siracusani Chindemi.
Fonte: http://it.wikipedia....Inserito da Alfredo Petralia
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