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La prima domenica del mese di giugno si festeggia Santa Rosalia. La festa in suo onore viene effettuata dal 1624, dalla scoperta della grotta che ospitò la giovanissima eremita "Rosalia Sinibaldi", fuggita dalla vita mondana per dedicarsi a Dio, per ben dodici lunghi anni (1150 - 1162). Il programma alterna in 5 giorni, momenti di grande intensità religiosa (il busto con le reliquie viene portato in processione per il paese) a momenti di svago con tradizionali giochi in piazza, gruppi folkloristici e cantanti. Il martedì, una processione di fedeli accompagna l'argenteo busto della santuzza dalla Chiesa Madre fino all'Eremo, attraverso un suggestivo percorso tra campagne ed il secolare bosco della Quisquina. Il simulacro è portato a spalla dai devoti provenienti da varie località della Sicilia preceduti da un centinaio di cavalieri che, con i loro migliori cavalli dalle ricche bardature, danno vita alla tradizionale cavalcata. All'arrivo al Santuario, dopo la Messa, è tradizione consumare un ricco pranzo a base di carne di agnello arrostita nel bosco circostante. Nel tardo pomeriggio, un lungo corteo di fedeli in macchina scorta il ritorno della santuzza sino all'entrata del paese, dove si ricompone la processione guidata dai cavalieri, per condurre l'argenteo busto sino alla Chiesa Madre.
La nobile stirpe
Rosalia era nata nella prima metà del XII secolo in un regio palazzo di Palermo da una nobile famiglia. Suo padre, il duca Sinibaldi, era un vassallo dei re normanni: Ruggero Il lo aveva nominato signore della Serra Quisquina e del Monte delle Rose, un feudo che si estendeva tra la provincia di Palermo e quella di Agrigento. La madre, che qualche storico identifica in una nobile di nome Maria Viscardi, era imparentata con la famiglia reale normanna e la tradizione che voleva fame discendere la stirpe da Carlo Magno parve così probabile anche a papa Urbano VIII che nel 1630 ne autorizzò la pubblicazione nel Martirologio Romano. Il nome che i genitori scelsero di imporle alla nascita è una contrazione del latino «Rosa Lilia» ovvero rosa e gigli, fiori che simboleggiano rispettivamente la regalità e la purezza e che, per straordinaria fatalità, anticiparono due delle qualità che contraddistinsero nella vita la vergine palermitana. La nobile giovanetta trascorse i primi anni nella splendida reggia paterna, sui cui ruderi in seguito la devozione popolare volle edificare una cappella. Dalla nobile famiglia ottenne una buona educazione e una solida formazione cristiana. Ben presto per le sue doti di cortesia e di regalità, oltre che per la sua straordinaria bellezza, fu scelta come damigella d'onore della regina Margherita, figlia del re di Navarra e moglie di Guglièlmo I detto il Malo, che dal padre Ruggero Il aveva ereditato il trono di re di Sicilia. Cosicché alla corte reale, nella splendida cornice del Palazzo dei Normanni, nella quale oggi ha sede l'Assemblea regionale siciliana, la giovane Rosalia divenne spettatrice di eleganti e sontuosi eventi mondani.
La vocazione
I genitori avevano previsto per lei un nobile matrimonio, come si conveniva alle giovani del suo rango e Rosalia, per rispetto verso la decisione della famiglia, inizialmente non vi si oppose. Ma secondo la tradizione popolare una visione straordinaria la indusse improvvisamente a rinunciare al matrimonio e al lusso della vita di corte. Il giorno in cui avrebbe dovuto incontrare l'uomo che era stato prescelto per le nozze, il nobile e coraggioso Baldovino, un cavaliere che si era distinto per aver salvato dalle fauci di un leone re Ruggero Il, Rosalia guardandosi allo specchio, invece della propria immagine, vide riflessa quella di Gesù Crocifisso con il volto rigato di sangue per la corona di spine conficcata nella fronte. La giovanetta non ebbe dubbi: interpretò quella visione come la chiamata che Cristo le rivolgeva e, rivelando ai parenti e alla corte che il suo unico desiderio era quello di andare sposa solo a Cristo, lasciò il palazzo reale per abbracciare la vita consacrata.
Fonte: http://www.comune.sa...Inserito da Alfredo Petralia   
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