Domina con la sua mole la città, che annunzia da lontano con l'alta cupola. Costruita tra il 1604 e il 1719 si innalza sul luogo stesso su cui sorgeva dal XV. sec. la chiesa madre della città, un'elegante chiesa in stile gotico-aragonese, arricchita tra il 400 e il 500 di una superba torre campanaria e di un arco marmoreo gaginesco nel battistero, ma danneggiata da un terremoto. Avendo nel 1598 il barone Marco trigona istituito erede universale di tutti i suoi beni la chiesa Madre, con l'obbligo di costruire un edificio più sontuoso, l'incarico di redigere il progetto fu affidato all'architetto Orazio Torriani, il quale decise di inglobare nella nuova costruzione il vecchio campanile e l'arco gaginesco.
L'edificio lungo m. 70, nella sua impostazione si ispira al manierismo dell'architettura tardo-cinquecentesca, la cui solida robustezza è ammorbidita da ampie volute barocche. Slanciata verso l'alto da scalinate frontali e laterali, culmina nella lanterna della bella e maestosa cupola, alta m. 76,50, con diametro di m. 13,88, che si sviluppa sulla crociera.
Il prospetto frontale, alto e severo, è a due ordini di lesene, ravvivato da un ampio finestrone a timpano e da un grande portale a colonne tortili, costruito nel 1719, cui si accede da due scalinate.
Sul fianco destro, la robusta mole del campanile in pietra calcarica, alto m. 44, che nei due ordini inferiori è decorata da eleganti finestre a ghiera inflessa di stile gotico-aragonese, mentre i due ordini superiori sono di stile rinascimentale con piatte finestre in calcarico tra lesene in arenario.
I prospetti laterali sono arricchiti da balaustre e finestre.L'interno a croce latina, in unica ampia navata e cappelle laterali intercomunicanti, è ritmato da superbi pilastri a lesene accoppiate e si dilata nel transetto per la luce che piove dalla grande cupola e dalle vetrate dipinte del presbiterio.
A destra dell'ingresso principale è l'arco marmoreo gaginesco del battistero (1594), appartenente alla chiesa precedente; a sinistra la tomba di Laura De Assoro (+1597), moglie di Marco trigona, e subito dopo, il monumento al vescovo Mario Sturzo, di mario ferretti (1957).
Sul secondo altare a sinistra, entro un tempietto ligneo, Ecce Homo in terracotta, attribuito alla scuola dei Gagini.Nell'ala sinistra del transetto si trovano: sull'altare a sinistra l'«Assunzione», bel dipinto di Filippo Paladino (1612); di fronte, l'ingresso alla sagrestia, nella quale sono conservati un grande cassettone in noce scolpito da G.B. Baldanza nel 1612, i ritratti dei vescovi e dei più illustri prelati della storia della città e, nella volta, un mediocre affresco del 1600 raffigurante Marco trigona e Laura De Assoro che offrono il tempio alla Vergine.
Sopra l'ingresso della sagrestia una vasta tela cinquecentesca, la SS. Trinità; sopra la cappelletta attigua il «Martirio di Sant'Agata», del manierista Jacopo Ligozzi (1600); Appeso alla volta dell'arco che divide il transetto dalla navata centrale, il magnifico «Crocifisso» su tavola dipinto su tutti e due lati (nel retro «Cristo risorto») nel 1485 da un ignoto pittore, convenzionalmente detto «Maestro della croce di Piazza Armerina».
Il presbiterio contiene un neoclassico altare maggiore, in lapislazzuli, altri marmi pregiati e pietre dure, opera dell'architetto Venanzio Marvuglia, dominato da una grande custodia in argento sbalzato, opera di Giuseppe capra (1625), che custodisce sotto un'immagine moderna una «Madonna» bizantineggiante, detta Maria SS. delle Vittorie, e identificata dalla tradizione locale con il Vessillo che il conte Ruggero ebbe consegnato, secondo lo storico normanno Goffredo Malaterra, dal Papa Alessandro II (e non Nicolò II, come vuole detta tradizione), perché lo spiegasse contro i Saraceni di Sicilia.Dietro l'altare si trovano i monumenti funebri di Marco Trigona (1598) e di Melchiorre Trigona (1637).
Ai lati del presbiterio un coro ligneo scolpito nel 1627 dal palermitano Vincenzo Greco; sulle pareti, da sinistra nell'ordine: «Lo sposalizio di Santa Caterina» di G. Salerno, detto lo Zoppo di Gangi (1570-1632); il «Martirio dei Santi Quaranta», di ignoto riberesco della prima metà del 600; «S. Benedetto e il servo dei Totila» e l'«Epifania», dello stesso G. Salerno. Ricchissimi gli organi lignei intagliati e dorati.
Un ricco Tesoro custodisce preziosa suppellettili sacra e pregievoli paramenti tardo-medioevali, tra cui due reliquiari d'argento (uno di Simone d'Aversa (1392-1405) e l'altro del XVII sec.), ricchissimi ostensori sei-settecenteschi, un calice di porcellana di Sassonia, la statuetta del Conte Ruggero a cavallo, un'altra statuetta barocca in alabastro, raffigurante S. Sebastiano ed attribuita agli epigoni dei Gagini, una croce processionale, un turibolo, piviali, pianete, ecc.
La chiesa conserva pure un importante archivio e una ricca pinacoteca.
Fonte: http://www.comune.pi...Inserito da Alfredo Petralia
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