E' lungo la via Antonino Cumbo Borgia che sorge il nuovo Duomo della città, intitolato al Patrono S. Stefano ed innalzato negli anni Trenta del Novecento, anche se i lavori si sarebbero protratti sino alle soglie degli anni Cinquanta. Architettonicamente modesta, la matrice è impreziosita da una ricca quadreria, in parte proveniente dall'antico Duomo del Castello, come nel caso delle due tavole gemelle cinquecentesche - opera di Antonello De Saliba, nipote di Antonello da Messina - raffiguranti i SS. Pietro e Paolo, una delle quali presenta un cartiglio recante l'anno 1531 e la dicitura «Lu Mastru Antonellu Resaliba pinsit». Al De Saliba è attribuita anche una 'Natività', che raffigura il Bambino entro una madia, tra la Madonna e S. Giuseppe, un monaco inginocchiato ed un pastore, tutti sormontati da un Angelo che sorregge un cartiglio recante la dicitura «Gloria in excelsis Deo». Dall'antico Duomo proviene anche la pala d'altare, posta lungo la navata di sinistra, raffigurante i SS. Martiri Milazzesi: venne commissionata dagli amministratori comunali nel 1622 e raffigura una bella veduta della città. Dall'antica chiesa dell'Annunziata, della quale entro la città murata sopravvive soltanto l'abside con decorazioni in pietra da taglio, provengono invece una tavola quattrocentesca (Antonio Giuffrè, attr.) ed un gruppo marmoreo di scuola gaginiana raffiguranti 'L'Annunciazione'. Dalla chiesa di S. Nicola, ubicata un tempo di fronte l'antico Duomo, giunge infine l'opera pittorica attribuita ad Antonio Giuffrè 'San Nicola e storie della sua vita', commissionata, come attesta lo stemma in basso, dall'aristocratica famiglia D'Amico-Anzalone. Completano la quadreria, tra l'altro, due pale d'altare del Settecento attribuite a Scipio Manni ('Annunciazione' e 'Adorazione dei Magi'). L'opera d'arte maggiormente venerata dai Milazzesi rimane comunque la statua policroma del Santo Patrono S. Stefano, realizzata nella seconda metà del XVIII sec. e portata in processione ai primi di settembre.
Fonte: http://www.comune.mi...Inserito da Alfredo Petralia
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