Dopo la morte di Giorgio Castriota Scanderberg, a causa dell'invasione turca, furono molti che lasciarono l'Albania. Tra questi, alcune famiglie guidate dal capitano Cesare Masi, preferirono lasciare la patria anzichè sottostare al dominio turco. Questo piccolo gruppo, portando con se una icona della Madonna dal volto dal colorito bruno, un reliquario d'argento con la statuetta e una reliquia di S. Zenone, una croce di legno e una campana. Giunti in Sicilia una delle loro tappe per riposarsi fu in un terreno detto Callicari o Pojo Rosso. Qui, come vuole la tradizione, il prezioso quadro della Madonna fu appeso ad un fico. L'indomani, però, sul punto di partire, volendo togliere il quadro dall'albero, trovarono i rami attorcigliati intorno ad esso da non poterlo staccare senza doverli recidere. Pertanto costoro supponendo che rimanere là fosse un preciso desiderio della Madonna, abbandonarono il pensiero di ripartire e si fermarono definitivamente a Callicari.
Così sorse Biancavilla che ottenne il privilegio di fondazione nel 1488 dal conte Moncada. A seguito dei privilegi del 1488, le prime abitazioni si svilupparono presso l'attuale Chiesa Madre .
Biancavilla ebbe diverse denominazioni finchè non assunse il nome attuale. Queste indicazioni risultano comprovate da documenti storici: Tommaso Moncada nel privilegio del 1488, dice di " greci abitatori infra lu territorio nuncupato di Callicari o Pojo Rosso". Successivamente, nei documenti ufficiali troviamo anche il nome di "Casalis Callicaris", "Universitàs ruris Callicaris", nonché "Casale dei Greci", Albaevilla", e per ultimo Biancavilla.
Secondo la tradizione tale nome fu attribuito dal Conte Francesco Moncada per onorare la Regina Bianca di Navarra la quale, il 21 maggio 1402, avendo sposato Martino il Giovane e aveva avuto in dote il territorio di Paternò.
Biancavilla fu risparmiata dalla lave dell'Etna nell'eruzione del 1669 ed ebbe pochi danni a seguito del terremoto del 1693. Ciò comportò in pochi decenni un grande impulso demografico per l'affluenza delle popolazioni dei paesi vicini. In tale periodo il gruppo greco scomparse definitivamente perdendosi così ogni traccia delle origini nei costumi e nel parlare. All'aumento della popolazione corrisponde un espansione edilizia per merito delle famiglie più facoltose del tempo quali i Piccione, i Puglisi e i Rametta patrocinando anche la costruzione di numerose chiese.
Il '700 determinò dunque lo sviluppo edilizio che riscontriamo ancora oggi, soprattutto nelle chiese, dove è conservato la maggior parte del patrimonio artistico rappresentato dalle pitture di Giuseppe Tamo da Brescia.
L' 800 fu poi il secolo dei grandi avvenimenti, non solo per quanto riguarda la storia nazionale ma anche per quella locale. Si sviluppò il commercio, esistevano concerie di pellame, allevamento delle api per la produzione della cera e del miele, coltivazione di cotone, allevamento di bachi da seta. Quest'ultima costituiva il precedente di una attività caratteristica, rappresentata dalla tessitura a mano della tela, che a sua volta dava vita a tre tintorie, oggi del tutto scomparse. La prima metà dell'ottocento si caratterizza per un notevole fermento culturale grazie all'opera di Salvatore Portal (1789-1854) fondatore nella propria casa di un Orto Botanico tra i più rinomati della Sicilia e creatore di una ricca collezione di pezzi archeologici, del tesoriere Michelangelo Greco (1775-1849) compilatore della prima storia di Biancavilla e dello scrittore e filosofo Rosario Castro (1783-1851) noto antiborbonico.
Biancavilla fu uno dei comuni etnei più irrequieti, avendo preso parte a tutti i moti rivoluzionari e antiborbonici dal 1820 al 1860. La scena politica locale fu dominata principalmente dalla famiglia Biondi i cui componenti incominciarono ad emergere nel 1821, quando si costituì la prima "Vendita Carbonara". Fra questi viene ricordato Angelo, figlio del notaio Francesco e primo sindaco del paese dopo l'unità d'Italia.
In concomitanza ai fatti di Bronte, anche a Biancavilla tra il maggio e il giugno 1860, ebbe luogo una rivolta popolare che in poche ore generò un pesante bilancio di morti. Gli anni a cavallo tra l'ottocento e il novecento sono segnati dalla figura politica del Sindaco Alfio Bruno (1865-1930) che tra i suoi meriti annovera fra l'altro varie committenze all'architetto milanese Carlo Sada e molto si adoperò per la realizzazione di opere pubbliche importanti per lo sviluppo socio-economico del territorio (il teatro, il campanile, il belvedere, i collegamenti stradali con le zone agricole a nord e sud del paese, l'acquedotto ecc..) che restarono nella memoria della collettività. Alfio Bruno è il padre del poeta futurista Antonio (1891-1932) frequentatore dei caffè letterari fiorentini più all'avanguardia e dissipatore del cospicuo patrimonio paterno. Autore di More di macchia, Ritratto dell'amica Morella, Palazzi di giado, 50 lettere d'amore alla signorina Dolly Ferretti. Amico di Giuseppe Ungaretti, Vitaliano Brancati, Giovanni Papini, Benedetto Croce, Umberto Saba, Giuseppe Villaroel, ecc.. con i quali collaborò in diverse occasioni.
Fonte: http://www.comune.bi...Inserito da Alfredo Petralia
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