Nel 535, Siracusa venne conquistata, insieme alla Sicilia, dal generale bizantino Belisario, mandato sull'isola con il compito di riconquistare l'Italia e portarla sotto l'influenza dell'imperatore di Bisanzio, Giustiniano I. Nel 663, l'imperatore Costante II, per un suo preciso disegno politico col quale intendeva sconfiggere i Longobardi in Italia e porre il Paese sotto dominazione bizantina, decise di trasferire la sua corte imperiale a Siracusa; scelta ai suoi occhi perfetta, poiché la città siciliana era vicina a Roma e fortemente ellenizzata, così Siracusa divenne in quel periodo "Capitale dell'Impero dei Romani". Ma il popolo mal sopportò tale imperatore, a causa delle sue vessazioni con le tasse, così un giorno, un membro della sua corte, tale Mecezio, lo fece assassinare da un suo servitore. Dopo la sua morte si fece incoronare nuovo Imperatore, ma il suo regno durò meno di un anno, infatti truppe provenienti dall'Italia, dall'Africa e dalla Sardegna marciarono su Siracusa e destituirono l'usurpatore. Nel frattempo l'erede legittimo, Costantino IV, venne a riprendersi la corona e riportò la sede imperiale a Costantinopoli. Siracusa venne nominata in quel periodo "Capitale del Thema Sikelia" (istituito sotto l'impero di Giustiniano II), il thema comprendeva la Sicilia, il ducato di Calabria e il ducato di Napoli. In città risiedeva lo Strategos bizantino.
Tra impero bizantino ed emirato arabo
La conquista di Siracusa
Dopo vari contrasti tra Costantinopoli e Siracusa, il thema di Sikelia si dichiarò indipendente da Bisanzio. Si insediò dunque in città Eufemio di Messina, militare esperto, si dichiarò egli stesso in Siracusa, Nuovo imperatore di Sicilia. Ovviamente tale mossa gli attirò contro le ire dell'Impero. Venne costretto a fuggire in Africa, qui scese a patti con l'emiro aghlabide di Qayrawan, Ziyadat Allah I, al quale chiese aiuti per cacciare i bizantini dalla Sicilia. Ma venne infine tradito dagli arabi, i quali, avendo già in mente di conquistare la terra siciliana, non lo aiutarono a rendere l'isola indipendente, ma palesarono il loro volere di conquistarla portandola sotto l'influenza dell'Islam. Eufemio fu infine ucciso a Castrogiovanni (Enna). Siracusa subì due assedi; un primo nell'827 ad opera del generale e letterato persiano Asad ibn al-Furat. Tale primo assedio durò un anno ma grazie anche a interventi esterni in aiuto della capitale siciliana, la città riuscì a resistere ai poderosi attacchi arabi. L'assedio venne sciolto quando gli arabi decimati da un'epidemia nel loro campo e senza rinforzi in arrivo si ritirarono tra le montagne siciliane. Un secondo e definitivo assedio invece avvenne nell'878, anche questo durò circa un anno, ma stavolta gli arabi vennero con maggiori forze e maggiore volontà di conquistare Siracusa, comandati da Giafar Ibn Muhammed, allora governatore della Sicilia islamica già conquistata. Questo fu uno degli assedi più terribili della campagna bellica orientale in Sicilia; in quanto i siracusani non volevano arrendersi e gli arabi, motivo per cui fu una battaglia all'ultima resistenza, nella quale il cibo venne a mancare agli assediati e la città ebbe a soffrire pene inenarrabili a causa di questo assedio. Le mura che avevano saldamente retto per tutti i mesi gli incessanti attacchi musulmani, alla fine, nell'aprile dell'879 cedettero. I siracusani continuarono con estrema resistenza a impedire l'accesso agli invasori, arrivando a instaurare persino delle lotte corpo a corpo contro gli assedianti che premevano per entrare. Si arrivò fino a maggio, dopodiché verso la fine di quel mese, il 21, alle 6:00 di mattina gli arabi sferrarono il loro ultimo poderoso attacco e riuscirono ad entrare in città. Fecero una strage, le fonti parlando di 5.000 vittime. Poi uccisero i soldati difensori di Siracusa e ridussero il resto della popolazione in schiavitù conducendola a Qayrawan, capitale degli Aghlabiti, e a Palermo, centro politico dei conquistatori eletta a nuova capitale di Sicilia. Qui vennero condotti anche l'arcivescovo di Siracusa e il monaco Teodosio, narratore e testimone di quegli eventi. I prigionieri siracusani (si pensa siano stati da 4.000 a 8.000) rimasero lì per diversi anni, fino a quando vennero tutti riscattati da un misterioso personaggio di cui le fonti non sanno darci per certo il nome, che probabilmente ridiede loro la libertà e la possibilità di ritornare alle loro case. L'impero bizantino non mandò sufficienti forze per difenderla. La città durante la sua presa venne incendiata e le sue mura distrutte, l'oro presente e i preziosi gioielli vennero depredati e condotti nelle capitali arabe. Questa fu la fine di Siracusa capitale di Sicilia.
Periodo arabo
L'assetto giuridico della città
Dopo la conquista, la successiva distruzione e la deportazione dei suoi abitanti, Siracusa stette probabilmente per qualche anno in uno stato di incoscienza, poiché non si ha alcuna notizia di essa nelle fonti storiche. Le informazioni ricominciano non appena gli arabi si sentirono di avere ben saldo il potere in mano. Cominciando dall'aspetto giuridico e amministrativo che la città ebbe sotto questa dominazione. Come prima cosa gli arabi divisero la provincia araba di Sicilia (poiché l'isola era alle dipendenze dell'emirato aghlabita di Tunisia) in 3 diversi valli: Val di Mazara; Val Demone e Val di Noto. Siracusa rientrava nel territorio geografico e amministrativo del Val di Noto, del quale ne era anche il capoluogo. Le città erano a loro volta divise in vari assetti giuridici: vi erano le città indipendenti, le quali si trovavano per lo più nella parte occidentale dell'isola, vicino Palermo; poi vi erano le città tributarie, le quali pagavano una tassa agli arabi e le città vassalle, categoria nella quale sicuramente rientrava Siracusa, poiché comprendeva tutte le città assoggettate dopo la conquista bellica. Inoltre viene nominata, con Catania, città di possessori ovvero la gente del suo territorio poteva mantenere il possesso dei propri beni, pagando un tributo agli arabi, dunque era città vassalla e tributaria.
La città venne amministrata da un proprio emiro, conosciamo i nomi di alcuni di essi tramite testi storici: vi fu un Brusà nella Siracusa dominata dagli arabi, il quale mandò a chiamare l'arcivescovo della città per fargli dire ai suoi preti che la smettessero di provocare i guerrieri islamici, poiché nella Siracusa araba convivevano sia i cristiani formati dalla maggior parte dei siracusani e sia gli islamici formati dai governanti conquistatori e dai nuovi coloni venuti in città. Poi vi fu un Ebrahim ben Giafar, che combatté contro le armate del bizantino Maniace quando questi proverà a sottrarre Siracusa dalla dominazione araba, inoltre pare che egli sposò la sorella di un noto emiro di Palermo, tale Chbir. Infine sappiamo che uno degli ultimi emiri siracusani fu Ibn al-Timnah, appartenente alla famiglia dell'emirato indipendente siciliano dei Kalbiti; egli diverrà noto per essere stato colui che chiamò in suo aiuto contro altri emiri di Sicilia, i normanni.
La religione e la società
Secondo l'Amari dunque nella Sicilia orientale, e perciò anche a Siracusa, si mantenne più che altrove la religione cristiana e la lingua greca. Tali affermazioni, che hanno trovato molti pareri discordanti, troverebbero però conferma se si pensa che all'arrivo dei normanni, Siracusa divenne un loro punto fermo per la riconquista cristiana e inoltre essi chiamavano i cristiani lì presenti greci per distinguerli da loro che arrivavano dalla Normandia e che si facevano chiamare latini.
Gli arabi permisero ai cristiani di continuare a tenere la loro fede ma fecero di tutto per ostacolarli e scoraggiarli, invitandoli palesemente ad aderire all'islam. Ad esempio sappiamo che le leggi restrittive per i cristiani, e pure per gli ebrei che abitavano in città, prevedevano che portassero dei segni distintivi sui vestiti e sulle case, poi pagavano più tasse degli arabi e non potevano pregare ad alta voce, né edificare nuove chiese, inoltre dovevano cedere sempre il passo davanti ad un musulmano e le donne cristiane, o ebree, non potevano sostare accanto a una donna musulmana, poi era proibito loro avere cavalli e armi, il servizio militare fu loro escluso in quanto esso era concesso solo agli arabi.
In quel periodo, quasi certamente, il Duomo di Siracusa venne trasformato in moschea. Le mura, dapprima distrutte, ora rivennero edificate e innalzate. A parte l'edificazione del Castello Marieth, qualche iscrizione araba e l'assetto viario di Ortigia, non risultano in Siracusa altre vestigia architettoniche di quel tempo. Ciò secondo gli storici è dovuto al fatto che, nonostante fosse governata e ormai integrata nella società islamica, Siracusa non visse i fasti di una metropoli araba, né politicamente né socialmente, poiché storici come Maccarrone sostengono che i coloni giunti nella parte orientale dell'isola furono troppo pochi e contrastati rispetto ad altre zone siciliane. Ovviamente c'è anche chi smentisce questa tesi sostenendo invece che i musulmani si impegnarono per riempire di nuovi coloni la parte orientale dell'isola, e che se a Siracusa non vi è più rimasta alcuna traccia architettonica di quel tempo ciò è dovuto solo al volere dei normanni e dei cristiani dell'epoca che si impegnarono per cancellare ogni minima traccia del tempo arabo.
Innovazione dei terreni: agricoltura e zucchero
Il primo a portare lo zucchero in Europa fu Alessandro Magno che di ritorno dal suo lungo viaggio in Oriente aveva trovato e importato la canna da zucchero destinata nei secoli successivi a sostituire il miele, fino ad allora dolcificante principale. Ma la prima diffusione consistente la si ebbe sotto gli arabi, loro infatti la importarono e la piantarono in Spagna e in Sicilia. Siracusa fu, insieme a Palermo, il principale centro di coltivazione della canna da zucchero, tanto che vi si può leggere nei libri quanto fiorente divenne il commercio di questo prodotto nella campagne siracusane. Altra innovazione importata dagli arabi furono le nuove tecniche di irrigazione dei terreni; ciò comportò una migliore qualità per l'agricoltura, settore essenziale per una terra fertile come quella siciliana. Inoltre vi importarono anche molti dei frutti che oggi crescono in zona: come le arance che nel siracusano hanno trovato uno dei loro punti più caldi e congeniali per crescere, e i limoni, frutto di cui Siracusa ne rappresenta tutt'oggi la maggiore produttrice italiana. Oltre ciò gli arabi importarono altre colture come il cotone, che a Siracusa venne coltivato saltuariamente fino al milleottocento, e poi ancora importarono il riso il quale, come documentano le fonti storiche, venne piantato a Siracusa subito dopo l'arrivo degli arabi, coltura che continuò fino al millenovecento. Fu forse tutta questa abbondanza di commercio e agricoltura che entusiasmò il viaggiatore e geografo arabo Idrisi, il quale, conosceva l'illustre passato di Siracusa ed egli la rivedeva fiorente anche sotto questo periodo, che pure per i siracusani fu vera dominazione piuttosto che libertà, ma Idrisi ne coglie le sfumature positive e ci fa capire come vedessero i musulmani la Siracusa araba:
« Siracusa è delle città celeberrime e dei più nobili paesi del mondo. Cittadini e foresi d'ogni banda cavalcano alla volta di lei: a lei si indirizzano i mercanti, viaggiatori di tutte le regioni. Superfluo sarebbe descrivere largamente questo luogo sì famoso, questa illustre metropoli e rinomata fortezza. Essa ha due porti senza pari al mondo. Siracusa s'agguaglia alle maggiori città pel numero e la ricchezza dei mercati, delle grandi contrade, dei ban, dei palagi, dei bagni, dei magnifici edifici, delle vaste piazze. » (Idrisi e la sua visita alla Siracusa araba)
Giorgio Maniace e la riconquista bizantina di Siracusa
Durante la dominazione araba venne a Siracusa il generale bizantino Giorgio Maniace, che riconquistò, nel 1040, parte della Sicilia Orientale; a Siracusa litigò con il fratello dell'imperatore bizantino, Stefano il Calafato, il quale accusò Maniace di voler sottrarre l'impero a Michele IV il Paflagone. Con tale accusa venne richiamato e incarcerato a Costantinopoli. In seguito fu liberato e nominato imperatore dal suo stesso esercito. Ma venne infine ucciso da un suo soldato traditore in Macedonia. A causa delle discordie imperiali dunque, gli arabi ebbero il tempo di riconquistare Siracusa. Tra l'altro, durante la sua spedizione siciliana, Giorgio Maniave rubò le spoglie del corpo di Santa Lucia, la santa patrona dei siracusani, e le portò a Costantinopoli come dono all'imperatore e come prova che egli era riuscito ad entrare in Siracusa e sottrarla agli arabi. Da lì poi, il corpo della santa finirà a Venezia, dopo essere stato trasportato dai veneziani durante le famigerate crociate sante. Il corpo di Santa Lucia si trova tutt'oggi a Venezia.
Fonte: http://it.wikipedia....Inserito da Alfredo Petralia
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