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Mitologico, Storico


La bella Angelina, in Castiglione

Giova piuttosto ricordare che il romanzo sulla bella Angelina Loria, come può vedersi dallo spoglio che segue, viene citata nella Descrizione della Sicilia ed in poche righe nel quarto libro di essa sotto il ' Sommario degli uomini illustri di Sicilia '.
E giova ricordarlo, perché ci richiama ad una gentile leggenda tuttora viva nella bocca del popolo di Castiglione e dintorni, ove, parecchi anni or sono, venne raccolta per le Fiabe, Novelle e Racconti popolari siciliani.
Le spigolature che seguono sono documento dell'importanza che i nostri antichi storici davano alla tradizione, e fan testimonianza di usi e racconti che entravano nella vita fisica e morale del popolo siciliano ed in questo caso particolare quello Castiglionese.

La bella Angelina, in Castiglione

La Notabile et Famosa Historia
Del felice innamoramento del
Delfino di Francia, & di Angelina
Loria, nobile Siciliana.

Aveva questo castello (di Castiglione) molte bellissime stanze (come si vede) di sassi quadrati e ben lavorati.
Quindi fu menata via la bella Angelina, figlia unica (come per tradizione degli antichi) di Ruggiero Loria, barone d'essa terra, dal delfino di Francia al tempo del re mal Guglielmo.
Imperciocché, come anche oggi per tutta Sicilia si dice, e da noi altrove a longo è stato scritto, avendo Ruggiero di Loria, uomo ricco e liberale, albergato in questo castello certi mercanti francesi, uno dei quali era chiamato Giacchetto, gli faceva grandissime accoglienze, com'era suo costume. Laonde, avendo Giacchetto veduta la bella Angelina, di stupenda bellezza, ritornando in Francia, ne ragguagliò il delfino, il quale, innamorato solamente per fama, se ne venne sconosciutamente a Mes­sina ed indi a Castiglione in compagnia di Giacchetto, dove albergato similmente dal barone, vide la sua bella figliuola, e tanto operò per mezzo d'una vecchia chiamata Franca, balia della donzella, che, senza venire ad altro effetto giovenile ed amoroso, contrassero tra loro segretamente sposalizio, promettendole il delfino, prima di partire di Sicilia, darsi a conoscere per Delfino di Francia, ed indi ritornare il mese d'agosto prossimo a menarsela via in Francia e farla regina, prima che consumasse il matrimonio, con farle il segno col fuoco sopra un monte sopra la sponda del fiume Cantara; lungi da questo castello circa due miglia.
Il che gli venne fatto; imperciocché, facendosi una gran festa a Palermo, in una gio­stra si diede a conoscere; ed indi andato in Francia, e ritornato il mese d'agosto in Sicilia con alcune galere nella riviera di Tauromena, smontò a terra a Schisò, e venendo in questo monte, vi fece il segno; il quale subito veduto da Franca, che per far la guardia quella notte stava vigilante, av­visatane la donzella, subito s'accostò sotto la camera di Angelina, donde scendendo con una scala di corda legata ad un pilastro di marmo, che eri nella finestra (che anche oggi si vede), via la condusse; ed arrivato in Francia, la fece regina.
Ed indi ritornato in Sicilia, per liberalità e grazia del re buon Guglielmo fece edificare sopra quel monte, dove aveva fatto il segno, una terra, la quale in memoria di Franca chiamò Francavilla; perciocché si dice, che Angelina quella notte, facendo stare Franca alla vedetta, altro non le andava dicendo che: O Franca, veglia. E per le franchigie, che il re le concesse, fu detta Francavilla. Della quale istoria pure ella è istoria) se ne vedono molte congetture e segni. Laonde, per fama di ciò, pochi anzi rari sono quei principi forestieri, che venghino Sicilia e non vogliano vedere questo castello e le stanze, dove ella abitava il quale soprastà a Francavilla, che pare veramente che vi si potesse una lunga fune: benché nissuno degno autore, che io abbia veduto.
Di ciò ne faccia memoria, eccetto un certo Catanese chiamato Antonio d'Oliverio a Padova, che la scrisse a lungo in versi volgari circa l'anno 1462; e vi si opponga, che Ruggieri di Loria fu padrone di Castiglione dopo il Vespro Siciliano, fatto contro li Francesi al tempo del re Pietro d'Aragona quale fu ammiraglio molti anni dopo la morte del buon Guglielmo.
Nondimeno potrebbe esser che fosse stato un altro Ruggieri di Loria, dal quale fosse disceso quest'ultimo Ruggieri, che fu padrone di Castiglione, della Roccella, di Francavilla, Tripi, Noara, del castello di Giace (Aci) Palagonia ed altri castelli.

Monte di Pietramarina

Pietramarina è il monte così chiamato sin dai tempi dell'occupazione Spagnola, perchè Spagnolo è anche l'origine del suo nome.
Mirar' infatti, in lingua spagnola vuol dire guardare, ed era proprio quello che Loro facevano, cioè: scrutare la valle dalla posizione più alta del monte.
Per questo motivo ancora nel XVI secolo il monte veniva chiamato: ' PIETRAMIRINA'.
La vetta del monte di Pietramarina, è l'unica testimonianza rimasta di una montagna prima di essere sommersa dalle colate laviche dell'Etna, che in modo sistematico, nell'arco dei centinaia di migliaia di anni aggiravano i fianchi coprendo non solo la stessa montagna, ma le altre vallate e monti esistenti nella Valle dell'Alcantara.
Le colate laviche sono arrivate fino all'attuale letto del fiume Alcantara, spostandolo dall'originale corso.
Sulla sinistra del fiume possiamo benissimo notare, la differenza lito - morfologica del terreno, sulla destra invece si vede un terreno leggermente in pendenza, causato dalle diverse colate laviche.
Il Monte di Pietramarina, fa parte del territorio più vecchio conosciuto nell'area di tutto il Comune di Castiglione di Sicilia, reperti trovati, le grotte naturali esistenti scavate nella roccia arenaria, una volta abitate, risalgono al Periodo Neolitico. Sono stati rinvenuti pietre ben levigate ed una vecchissima scure di pietra risalente a tale periodo. Nelle immediate vicinanze in perfetto stato di conservazione: 'Un Palmento Bizantino'.
Ciò che si tramanda di generazione in generazione, è una leggenda frutto dell'immaginazione popolare, di una 'Ctruvatura'... Secondo la leggenda, si dovrebbe nascondere nelle viscere del Monte di Pietramarina, un famoso tesoro racchiuso gelosamente nel ventre del massiccio arenario di età terziaria. Per poter rompere l'incantesimo esistente in quel luogo, e poter quindi prendere il fantastico tesoro, un prete dovrebbe portare, a mezzanotte esatta, una donna in attesa di una creatura e lasciarle bere un bicchiere di latte. Secondo la leggenda dunque, in un posto indeterminato, l'enorme roccia dovrebbe aprirsi e, come per incanto, salterebbe fuori il tesoro.

Il Castelluzzo

Il Castelluzzo una volta era collegato con il Castello tramite un passaggio segreto, il passaggio che era stato scavato nella roccia, fu tagliato agli inizi del XVII secolo per dar posto all'attuale Basilica: Maria SS. Della Catena.

Già posto d'avvistamento in Epoca Greca, fu punto strategico coi Normanni e con gli Aragonesi; Federico III durante la Guerra del vespro lo cinse d'assedio.
Il 22 giugno del 1905 furono ultimate le mura di cinta e quindi aperto al pubblico, nel 1933 si iniziò l'opera di rimboschimento dandogli così il dolce aspetto di giardino pensile.
Anche qui come in Località Chiappazza, il luogo è sempre stato definito misterioso per la leggenda che ancor oggi si narra: 'A chioccia chi Puddicini d'oru' ovvero 'La chioccia con i Pulcini d'Oro'. L'incantesimo è molto discordante nell'ambito delle 'conoscenze popolari', ma pare, che solamente un evento straordinariamente importante farà uscire questo tesoro. Naturalmente come sempre in questi casi, tutto accompagnato da cabalistiche evocazioni.
Si narra che, in un tempo imprecisato, un medium era riuscito a portare avanti l'incantesimo facendo apparire il tesoro. Anche in questo caso l'inosservanza delle regole, non solo fece scomparire il malcapitato, ma fece anche adirare lo spirito, il quale battè con forza il piede sulla roccia a tal punto da lasciarne l'impronta.

Contrada Chiappazza

Guardando verso la vetta di Monte Balsamà, e precisamente in Contrada Chiappazza si vede anche a notevole distanza, una grossa pietra, dove esistono ancora, anche se quasi consunti dal tempo, alcuni segni incomprensibili che probabilmente risalgono all'Età del Ferro, cioè al periodo dei Siculi. Si racconta che in passato siano stati fatti tanti tentativi per impossessarsi di un tesoro sepolto in loco, ma sempre senza successo.
Secondo la leggenda, si dovrebbe tracciare un cerchio attorno alla gigantesca pietra, un medium con cinque o più persone dovrebbero successivamente entrare dentro il cerchio, e qui, senza infrangere le regole dettate, il medium potrà iniziare ad evocare misteriose cabalistiche.
Si narra che una volta, qualcuno sia riuscito a far materializzare il tesoro, ma purtroppo, prima che lo spirito evocato desse il permesso di prenderlo, uno degli adepti lo toccò, improvvisamente tutto sparì, compreso il povero malcapitato...
Come sempre la febbre dell'oro non sottrae nessuno, nemmeno gli ignoranti, ma nello stesso tempo fa rivivere ciò che non si riesce a capire,,,,
Fonte: http://web.tiscaline...Inserito da Alfredo Petralia   
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