Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti, per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.

Benvenuti in Sicilia

etnaportal.it  Turismo in Sicilia "manu manedda"
Immergiti in una cultura millenaria, nella cultura siciliana e riscoprirai nel Mediterraneo il cuore della sua gente...

Ri-Scopri le città di Sicilia

... Un viaggio fra colori, profumi, sapori per riscoprire l'unicità e la bellezza della Sicilia, accompagnati "manu manedda" alla scoperta di 390 piccoli mondi. ...

Feste, Sagre e Tradizioni

... Feste, Spettacoli, Expo, Mercatini, Folklore, Festival, Radunie Spettacoli teatrali. Per conoscere e scoprire, manifestazioni antiche e recenti. ...

Dove dormire in Sicilia

... Trova il tuo alloggio in Sicilia, dalla casa vacanze al mare, al B&B dei piccolo Borghi. ...

Enogastronomia

... Profumi, sapori, tradizioni..., il gusto siciliano tra presente e passato. ...

Siti UNESCO

... Un percorso dei siti Unesco, dell'isola di Sicilia ...

Sicily's Photo

... Un viaggio accompagnato dai colori e sapori, della Sicilia, dagli angoli più remoti alle mete più conosciute.
Altro

Un viaggio fra colori, profumi, sapori per riscoprire l'unicità e la bellezza della Sicilia, accompagnati "manu manedda" alla scoperta di 390 piccoli mondi.

Montalbano Elicona

Itala

Pietraperzia

  Ri-Scopri le città di Sicilia

Catania Enna Ragusa Trapani Palermo Agrigento Caltanissetta Messina Siracusa
REGISTRA LA TUA STRUTTURA
REGISTRA LA TUA STRUTTURA
SU
ETNAPORTAL.IT

Porta Aragonese

Monumentale, Storico
Si apre sul tratto più lungo delle mura superstiti, e deve il suo nome al fatto che Re Pietro d'Aragona, restaurandola assieme alle mura, vi fece apporre, accanto allo stemma di Randazzo, il proprio ...

  Randazzo

Lago Sartori (diga Ancipa)

Natura, Laghi, Paesaggio
A pochi chilometri dal centro abitato un paesaggio naturalistico veramente singolare: all'interno di 42.000 ha di bosco, il lago Sartori (diga Ancipa), luogo nel quale i colori della natura con le lor...

  Troina

Santuario di Maria Santissima di Conadomini (Maria Ss. Del Monte)

Religioso, Storico
Sorge nella parte più antica dell'abitato ed era un tempo dedicata a Santa Maria Assunta. Più volte danneggiata e riedifica, la chiesa di Santa Maria del Monte, Matrice prima delle erezione della ch...

  Caltagirone

  Ri-Scopri la Sicilia

  • Miracolo Madonna dei Cappuccini
    Nell’anno 1726 una pioggia ininterrotta minacciava il raccolto del grano. Per scongiurare il pericolo della fame, tutto il popolo guidato dall’Arciprete e dal Sindaco del tempo, preceduto da uno stuolo di fanciulli e di fanciulle con le chiome sciolte si recò processionalmente nella chiesa dei Padri Cappuccini per implorare alla Vergine Santissima Immacolata la cessazione della pioggia. Non appena il quadro della Madonna fu portato in mezzo alla piazza antistante, cessò miracolosamente la pioggia che cadeva quasi ininterrottamente da circa due mesi (Giugno e Luglio). Da allora sempre viva è stata la gratitudine e la devozione dei Romettesi verso la Vergine Santissima Immacolata.
  • Simbolo dei coevi Fedeli d'Amore
    La Chiesa di Santa Caterina D'Alessandria, orientata verso l'Argimusco, a sud e non verso est, com'era usanza all'epoca, singolarmente conserva un merlo ghibellino e non ha nell'arco del portale nessuna chiave di volta: Nel portale si distingue, inoltre, una rosa simbolo dei coevi Fedeli d'Amore, cui apparteneva tra gli altri Dante Alighieri, e poi i Rosacroce. Santa Caterina D'Alessandria era la santa patrona degli alchimisti, e nel 1310 è documentato che Villanova, il piu' famoso alchimista e medico europeo, fosse al seguito di Federico III a Montalbano, per cui presente durante la costruzione. ---------------- Notizie tratte dal Libro "Argimusco Decoded, Antiche conoscenze mediche e alchemiche svelano il mistero sulla realizzazione del piu' grande sito di statue megalitiche al mondo" - di Alessandro Musco, Paul Devins.
  • Manu Manedda
    Cè 'nparadisu pusatu na tri pedi* unni lu celu si cusi cu lu mari, unni lu suli sciogghi lu pinseri, unni si scinni cchiù 'nfunnu 'nta lu cori. E l'occhiu si rapi a meravigghia na sta terra ca resta la cchiù bedda unni si veni, cu li frastorni arreri, ju t'accumpagnu … manu manedda. C'è un Paradiso poggiato su tre piedi* dove il cielo diventa un tutt'uno con il mare dove il sole scioglie la fantasia dove si arriva nella parte più profonda del cuore. e lo sguardo resta meravigliato per una terra che resta la più bella dove se vieni a visitarla, in vacanza, te le faccio scoprire accompagnandoti … mano nella mano. autore: Angelino Finocchiaro NOTE: *(allusione alla raffigurazione della Sicilia con il triscele e alla storia di Colapesce)
  • Infiorata di Noto

    Infiorata di Noto

    Noto
    Artisti alle prese con un tappetto di fiori

      Scopri gli eventi di Sicilia

    Racconti, miti e leggende

  • Aci e Galatea
    Questo racconto mitologico ha origine greca: infatti già nell'Iliade si accenna a Galatea, e nelle Metamorfosi di Ovidio è presente la storia della ninfa Galatea e il suo amato, un pastorello di nome Aci. Il mito narra di Aci, un bellissimo pastore innamorato della nereide Galatea, che lo ricambiava. Ma il ciclope Polifemo, anch'egli invaghitosi della bella ninfa delle acque, tentava invano di conquistare il suo amore; un giorno Polifemo tentò di attirare Galatea con il suono del suo flauto, ma resosi conto che lei non rispondeva al richiamo la cercò ovunque, finché non la sorprese insieme ad Aci. Accecato dalla gelosia e offeso per il rifiuto della ragazza, scagliò una roccia su Aci, uccidendolo. Il suo sangue, confluito dalla roccia, grazie alle suppliche di Galatea fu trasformato da Poseidone in un fiume, che fu chiamato proprio Aci, così che Galatea potesse stargli accanto per sempre. E' in seguito a questo mito che tutti i paesi sotto cui scorre il torrente Aci, ne hanno assimilato anche la denominazione: Acireale, Aci Platani, Aci Bonaccorsi, Aci Sant'Antonio, Aci Catena, Aci Santa Lucia, Aci San Filippo, Acitrezza, Acicastello.
  • LA LEGGENDA DI AMINA
    Presso i Fenici che abitavano l'isola di san Pantaleo , chiamata anche Mozia , era in uso il fatto che il re sacrificasse la primogenita al feroce dio Moloch. Oltre al sacrificio umano dovevano essere sacrificate sette grasse giovenche bianche, dovevano essere bianche per simboleggiare la luce. Anche re Sharib doveva sottostare a questa regola così preparò una grande festa con vivande prelibate,ricche vesti e giochi per il giorno in cui avrebbe sacrificato la figlia Amina che aveva già sette mesi.Si aspettava solo che lo stregone Atim ricevesse il segno dalla luna per procedere al sacrificio.Anche i giovani si preparavano alle gare sportiva,specialmente alla gara che consisteva nell'uccidere con la sola scure un toro nero....''il grande duello''. Il sacerdote decretò che il giorno successivo sarebbe stato propizio. L'indomani mattina si recò a prelevare la bambina ma trovò il suo alloggiamento vuoto.....chi avrebbe potuto ora placare l'ira del vendicativo Moloch? Vennero avviate delle ricerche ma tutto fu inutile, la bambina era scomparsa. Passarono gli anni, morirono sia il re che il sacerdote ma ogni tanto qualcuno si ricordava della dolce Amina scomparsa.Ogni tanto nei boschi i cacciatori o i guerrieri avevano visto una figura femminile dai lunghissimi capelli corvini ma chiunque avesse cercato di catturarla aveva perso la vista.Un giorno il giovane re Someiro figlio del defunto re Sharib vide una strana figura che cavalcava una gazzella e decise di catturarla.Scoccò una freccia dal suo arco che fece cadere la fanciulla dal cervo. Il re si rese conto di averla ferita e la trasportò alla reggia.Qui fu curata e un giorno andò a trovarla la vecchia regina che si stupì per il fatto che la giovane somigliasse moltissimo a lei quando era ragazza.Il re non sapeva che quella era la sorella strappata al destino sacrificale così decise di sposarla. Alla notizia del matrimonio la regina morì perchè si era resa conto che quella era Amina . Purtroppo la vendetta del dio crudele non si arrestò, i due giovani,ignari di essere fratelli si sposarono ma la sposa diede alla luce un serpente ,invece di un bambino così il re la uccise ,come strega ,e poi si tolse la vita.......la vendetta del terribile dio Moloch per il mancato sacrificio si era compiuta.
  • IL CASTAGNO ED I DIAVOLI ROSSI
    Sono nato da un piccolo riccio caduto per caso dalla bisaccia di un cacciatore. Sin da quando, piccolo arbusto, mi sono affacciato dalla terra, gli gnomi, che avevano casa poco lontano, provvedevano a tenermi caldo d?inverno ed a non farmi mancare l?acqua d?estate. Si sa, da noi in Sicilia, crescere non è facile, ma in breve tempo ho visto diventare il mio tronco vigoroso e forte e la mia chioma ricca e ombrosa tanto che i miei amici gnomi si sono trasferiti in una deliziosa villetta tra le mie radici. Mi ricordo che un giorno, la regina sorpresa dal temporale con tutto il suo seguito, trovò riparo sotto le mie fronde. Sapete come mi hanno chiamato da allora? ?Il castagno dei cento cavalli!? Lo so, vi sembra esagerato ma vi assicuro che c?era davvero una confusione apocalittica quella notte; tra lampi, tuoni, pioggia, e il vulcano che faceva la sua parte regalandoci continui boati!! Pensate che gli gnomi hanno impiegato quasi tutta la notte a tenere calmi i cavalli e i cani; e la giovane Giglioverde ( che è una sposina di appena 253 anni) ha utilizzato tutte le sue scorte di erbe e bacche per gli infusi calmanti! Per fortuna, al primo raggio di sole, le fate del mattino, spargendo un po? della loro polvere segreta mista al polline di zagara, hanno regalato a tutti un po? di riposo. Ma sapete quale è stata la notte in cui mi sono spaventato di più? E? stata la notte della rivolta dei Troll Quella notte terribile (erano già passati 200 anni da quando la regina si era riparata sotto le mie fronde) i Troll, giganteschi e minacciosi, con la pelle umida e sporca, brandendo le loro rudimentali clave e facendosi luce con enormi torce, si precipitarono per i sentieri impervi della montagna; volevano conquistare il territorio degli gnomi e quello degli elfi. La battaglia fu terribile ed improvvisamente un Troll, inciampando in una delle trappole tese dagli gnomi, cadde rovinosamente dando fuoco alle mie fronde. Il mio terrore era infinito, già mi vedevo morto come la quercia che il mese prima era stata colpita da un fulmine, avrei voluto fuggire mentre sentivo il mio tronco bruciare e la linfa scorrere via dal mio corpo. . . aiuto!. . . aiuto! pensai sempre più convinto di essere alla fine dei miei giorni; ma improvvisamente vidi arrivare da lontano. . . centinaia di diavoli rossi!! Cominciarono a percuotere le mie povere fronde doloranti. . . pensavo che veramente fosse giunta la mia ora. . . chiusi gli occhi per non vedere . . . Improvvisamente sul mio tronco, sui miei rami, sulle mie foglie, sentivo scorrere acqua; meravigliosa, provvidenziale acqua che spegneva il fuoco! Aprii gli occhi, quelli che mi erano sembrati diavoli erano invece decine di garibaldini che, trovandosi di passaggio mi avevano visto bruciare e bagnando il loro poncho rosso avevano spento le fiamme. Quella notte le mie fronde si sono vestite di rosso e dell?incendio non rimane altro che una stanza annerita scavata nel mio forte tronco.
  • U Zitu e a Zita
    Su questo grosso scoglio che se ne sta perenne, in tutta la sua grandezza, in mezzo ai flutti calmi o tempestosi, si raccontava (e tutt'ora si racconta) una suggestiva storia d'amore tra due giovani del luogo. Rosalia (o Rosa) era la bellissima figlia diciottenne di un ricco signore di "Muntiriali". Un giorno tornando dalla sua quotidiana passeggiata, seguita come un'ombra dalla sua fida nutrice, vide un aitante e bellissimo giovane che trasportava, sulle spalle possenti, sacchi pieni di fave. La giovane Rosa fu come folgorata da quei possenti muscoli del giovane e se ne innamorò perdutamente. Era talmente innamorata di Peppe (questo era il nome del giovane) che osò sfidare le ire dell'arcigno e geloso genitore. Del resto anche Peppe non disdegnava e certo non restava insensibile alle lunghe occhiate e agli sguardi languidi della bella Rosa. A nulla valsero le minacce del padre di Lei di chiuderla, per il resto della sua vita, nel monastero delle Suore Orsoline di Girgenti. La fanciulla era talmente innamorata del suo Peppe e da questi, come detto, ricambiata, che non ne volle sapere di interrompere quella che il padre chiamava tresca. Intanto i due continuavano a vedersi furtivamente al calar del sole o alle prime ombre della sera, nel giardino del palazzo di Lei. Quando Peppe, poi, andava via, la giovane riertrava nelle sue stanze e buttandosi nel suo lettino, l'assaliva un pianto dirotto a causa della sua infelicità. Anche perchè, essendo orfana di madre (la mamma le era morta dandola alla luce) non aveva con chi parlare e con chi consigliarsi, dato che la nutrice stava dalla parte del padrone. Nel frattempo il padre della ragazza, avendo notato che la figliola era diventata pallida, triste e taciturna e avendo appreso dalla nutrice che raramente toccava cibo, volle consultarsi con il medico fisico di Muntiriali "Mastro" Giuseppe Modica. Questi visitando la fanciulla non potè che constatare che era sana come un pesce e le prescrisse solo delle lunghe passeggiate giornaliere che Rosa effettuava di buon grado, ma sotto lo sguardo vigile della vecchia governante. Purtroppo, come sempre accade, gli eventi precipitarono. Avendo saputo il padre che la figlia, nonostante le sue minacce, continuava a vedersi furtivamente con l'innamorato, decise di chiuderla in un lontano e sperduto monastero palermitano. Ma ahimè! La inattesa e brutta notizia sconvolse la giovane Rosa la quale fra i singhiozzi, mise al corrente della cosa anche il suo amato Peppe. "Uniti per la vita e per la morte" giurarono i due giovani amanti, ai quali balenò, in un attimo, un'idea tragica, ma sublime. Si sarebbero tolti la vita buttandosi a capofitto dalla Punta di Monte Rossello e fu così che, a notte fonda, i due giovani innamorati, datisi appuntamento, si buttarono a capo in giù per il monte sacrificando le loro giovani vite. Racconta la leggenda che dopo alcuni anni nel punto esatto dove i due trovarono orribile morte, spuntarono, come per incanto (o come un sortilegio) due scogli, uno legato all'altro da una sottile lingua di roccia. Qualcuno asserisce, non senza una buona dose di fantasia, che, nelle notti di luna piena e quando il mare è in bonaccia, chi si trova a passare con un'imbarcazione dai pressi della "Rocca Gucciarda", può udire una voce sublime e melodiosa di donna. E' la voce, dicono, di Rosa che canta una nenia triste e malinconica per lo sfortunato suo amore per Peppe. Ecco perchè, ancora oggi, lo scoglio della "Rocca Gucciarda" specie dai marinai, viene chiamato anche "U? Scogliu do Zitu e a Zita". Autore Calogero Alongi. Fonte www.comune.realmonte.ag.it/index.php?option=com_content&view=article&id=5:zito-zita-leggenda&catid=2:leggende&Itemid=24
  • Racconti, miti e leggende










  • x
    he