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Benvenuti in Sicilia

etnaportal.it  Turismo in Sicilia "manu manedda"
Immergiti in una cultura millenaria, nella cultura siciliana e riscoprirai nel Mediterraneo il cuore della sua gente...

Ri-Scopri le città di Sicilia

... Un viaggio fra colori, profumi, sapori per riscoprire l'unicità e la bellezza della Sicilia, accompagnati "manu manedda" alla scoperta di 390 piccoli mondi. ...

Feste, Sagre e Tradizioni

... Feste, Spettacoli, Expo, Mercatini, Folklore, Festival, Radunie Spettacoli teatrali. Per conoscere e scoprire, manifestazioni antiche e recenti. ...

Dove dormire in Sicilia

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Catacombe di San Giovanni e Cripta di San Marciano

Storico, Parchi, Riserva, Archeologico, Mitologico, Religioso, Monumentale, Siti unesco
La chiesa di San Giovanni alle catacombe di Siracusa conserva ancora, tracce di quel fascino che spingeva i viaggiatori del '700 e dell'800 a visitarla. Per lungo tempo in questa chiesa è stata ricon...

  Siracusa

Grotta della Chiesa (o di San Giovanni)

Parchi, Riserva, Storico, Grotte, Mitologico, Monumentale, Natura, Tradizionale, Vulcani
In San Giovanni Galermo si trova la Grotta di San Giovanni Battista, un'ampia e regolare galleria, lunga circa 100 mt., cui fa seguito una piccola sala, popolarmente ritenuta l'alcova del Santo. La ca...

  Catania

Torre dell'Impiso

Castelli e torri
Spunta d'improvviso, scoprendo la sua stereometrica mole dopo una curva a sinistra della sinuosa strada trapanese che da San Vito Lo Capo conduce all'ingresso della Riserva dello Zingaro. Quella dell...

  San Vito Lo Capo

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  • Miracolo Madonna dei Cappuccini
    Nell’anno 1726 una pioggia ininterrotta minacciava il raccolto del grano. Per scongiurare il pericolo della fame, tutto il popolo guidato dall’Arciprete e dal Sindaco del tempo, preceduto da uno stuolo di fanciulli e di fanciulle con le chiome sciolte si recò processionalmente nella chiesa dei Padri Cappuccini per implorare alla Vergine Santissima Immacolata la cessazione della pioggia. Non appena il quadro della Madonna fu portato in mezzo alla piazza antistante, cessò miracolosamente la pioggia che cadeva quasi ininterrottamente da circa due mesi (Giugno e Luglio). Da allora sempre viva è stata la gratitudine e la devozione dei Romettesi verso la Vergine Santissima Immacolata.
  • Simbolo dei coevi Fedeli d'Amore
    La Chiesa di Santa Caterina D'Alessandria, orientata verso l'Argimusco, a sud e non verso est, com'era usanza all'epoca, singolarmente conserva un merlo ghibellino e non ha nell'arco del portale nessuna chiave di volta: Nel portale si distingue, inoltre, una rosa simbolo dei coevi Fedeli d'Amore, cui apparteneva tra gli altri Dante Alighieri, e poi i Rosacroce. Santa Caterina D'Alessandria era la santa patrona degli alchimisti, e nel 1310 è documentato che Villanova, il piu' famoso alchimista e medico europeo, fosse al seguito di Federico III a Montalbano, per cui presente durante la costruzione. ---------------- Notizie tratte dal Libro "Argimusco Decoded, Antiche conoscenze mediche e alchemiche svelano il mistero sulla realizzazione del piu' grande sito di statue megalitiche al mondo" - di Alessandro Musco, Paul Devins.
  • Manu Manedda
    Cè 'nparadisu pusatu na tri pedi* unni lu celu si cusi cu lu mari, unni lu suli sciogghi lu pinseri, unni si scinni cchiù 'nfunnu 'nta lu cori. E l'occhiu si rapi a meravigghia na sta terra ca resta la cchiù bedda unni si veni, cu li frastorni arreri, ju t'accumpagnu … manu manedda. C'è un Paradiso poggiato su tre piedi* dove il cielo diventa un tutt'uno con il mare dove il sole scioglie la fantasia dove si arriva nella parte più profonda del cuore. e lo sguardo resta meravigliato per una terra che resta la più bella dove se vieni a visitarla, in vacanza, te le faccio scoprire accompagnandoti … mano nella mano. autore: Angelino Finocchiaro NOTE: *(allusione alla raffigurazione della Sicilia con il triscele e alla storia di Colapesce)
  • Fontana dell'Elefante (Liotru)

    Fontana dell'Elefante (Liotru)

    Catania
    Elemento caratteristico della città di Catania, racchiude in sé le maggiori simbologie della città. La fontana culminò nel 1737 la realizzazione della piazza barocca, già circondata dai principali cantieri degli edifici che la delimitano. Opera di Giovan Battista Vaccarini, rappresenta i due principali fiumi della città (Simeto e Amenano) e fa da piedistallo per il simbolo civico, l'elefan...

      Scopri gli eventi di Sicilia

    Racconti, miti e leggende

  • U Zitu e a Zita
    Su questo grosso scoglio che se ne sta perenne, in tutta la sua grandezza, in mezzo ai flutti calmi o tempestosi, si raccontava (e tutt'ora si racconta) una suggestiva storia d'amore tra due giovani del luogo. Rosalia (o Rosa) era la bellissima figlia diciottenne di un ricco signore di "Muntiriali". Un giorno tornando dalla sua quotidiana passeggiata, seguita come un'ombra dalla sua fida nutrice, vide un aitante e bellissimo giovane che trasportava, sulle spalle possenti, sacchi pieni di fave. La giovane Rosa fu come folgorata da quei possenti muscoli del giovane e se ne innamorò perdutamente. Era talmente innamorata di Peppe (questo era il nome del giovane) che osò sfidare le ire dell'arcigno e geloso genitore. Del resto anche Peppe non disdegnava e certo non restava insensibile alle lunghe occhiate e agli sguardi languidi della bella Rosa. A nulla valsero le minacce del padre di Lei di chiuderla, per il resto della sua vita, nel monastero delle Suore Orsoline di Girgenti. La fanciulla era talmente innamorata del suo Peppe e da questi, come detto, ricambiata, che non ne volle sapere di interrompere quella che il padre chiamava tresca. Intanto i due continuavano a vedersi furtivamente al calar del sole o alle prime ombre della sera, nel giardino del palazzo di Lei. Quando Peppe, poi, andava via, la giovane riertrava nelle sue stanze e buttandosi nel suo lettino, l'assaliva un pianto dirotto a causa della sua infelicità. Anche perchè, essendo orfana di madre (la mamma le era morta dandola alla luce) non aveva con chi parlare e con chi consigliarsi, dato che la nutrice stava dalla parte del padrone. Nel frattempo il padre della ragazza, avendo notato che la figliola era diventata pallida, triste e taciturna e avendo appreso dalla nutrice che raramente toccava cibo, volle consultarsi con il medico fisico di Muntiriali "Mastro" Giuseppe Modica. Questi visitando la fanciulla non potè che constatare che era sana come un pesce e le prescrisse solo delle lunghe passeggiate giornaliere che Rosa effettuava di buon grado, ma sotto lo sguardo vigile della vecchia governante. Purtroppo, come sempre accade, gli eventi precipitarono. Avendo saputo il padre che la figlia, nonostante le sue minacce, continuava a vedersi furtivamente con l'innamorato, decise di chiuderla in un lontano e sperduto monastero palermitano. Ma ahimè! La inattesa e brutta notizia sconvolse la giovane Rosa la quale fra i singhiozzi, mise al corrente della cosa anche il suo amato Peppe. "Uniti per la vita e per la morte" giurarono i due giovani amanti, ai quali balenò, in un attimo, un'idea tragica, ma sublime. Si sarebbero tolti la vita buttandosi a capofitto dalla Punta di Monte Rossello e fu così che, a notte fonda, i due giovani innamorati, datisi appuntamento, si buttarono a capo in giù per il monte sacrificando le loro giovani vite. Racconta la leggenda che dopo alcuni anni nel punto esatto dove i due trovarono orribile morte, spuntarono, come per incanto (o come un sortilegio) due scogli, uno legato all'altro da una sottile lingua di roccia. Qualcuno asserisce, non senza una buona dose di fantasia, che, nelle notti di luna piena e quando il mare è in bonaccia, chi si trova a passare con un'imbarcazione dai pressi della "Rocca Gucciarda", può udire una voce sublime e melodiosa di donna. E' la voce, dicono, di Rosa che canta una nenia triste e malinconica per lo sfortunato suo amore per Peppe. Ecco perchè, ancora oggi, lo scoglio della "Rocca Gucciarda" specie dai marinai, viene chiamato anche "U? Scogliu do Zitu e a Zita". Autore Calogero Alongi. Fonte www.comune.realmonte.ag.it/index.php?option=com_content&view=article&id=5:zito-zita-leggenda&catid=2:leggende&Itemid=24
  • Il Re di Gibilterra
    Questo re possedeva palazzi incantati nel mare, era molto potente, e la sua superbia non aveva limiti; egli era anche bellissimo e prode, e nell'udire quanto dicevasi di lui si accese d'amore la bellissima figlia del re di Sicilia. Il padre le voleva dare uno sposo, ma essa ricusò tutti quelli che domandavano la sua mano, e disse che desiderava solo per suo signore il re di Gibilterra, e che non si sarebbe piegata mai ad ac-cettare altro sposo. Il re fu molto dolente nell'udire quanto diceva la fanciulla, poiché sembravagli impossibile che il caso potesse farle conoscere da vicino il re di Gibilterra; ma poi vedendo che ella era tanto invaghita di colui, che solo nel suo affetto avrebbe potuto trovare ogni gioia, e stimando che doveva adoprarsi con tutta l'anima per renderla felice, credette ottimo consiglio andare a visitare il re superbo, e vedere che gli riuscisse di combinare le nozze. Partì con molto seguito, lasciando la figlia in Sicilia, e navigò verso il regno del re superbo di Gibilterra. Quando entrò nel porto della sua città si sdegnò forte, non essendovi nessuno pronto a rendergli quelle ono-ranze che si convenivano all'alto suo grado. Egual cosa avvenne quando discese nella città, e giunse innanzi al principe, il quale lo accolse superbamente, non come sovrano a lui eguale nel grado, ma come un oscuro forestiere; eppure pensando all'amata figliuola il re sopportò con pazienza tanta scortesia ed acconsentì volentieri a seguire il re superbo, che volle fargli vedere le meraviglie del suo palazzo costruito sotto il mare. In quella dimora incantata erano raccolte tali ricchezze che nessuno avrebbe potuto descriverle degnamente. Il corallo, la madreperla, la vegetazione stupenda del mare, le conchiglie bizzarre si vedevano da ogni parte, ed il re di Sicilia ammirava tutto, pur cercando il mezzo di parlare della propria figlia, finché riuscì nel suo intento. A poco a poco, come se discorresse senza fini ascosi ne vantò la grazia e la bontà; poi, come forse usavasi nei tempi lontani in cui avvennero i casi meravigliosi narrati dalla leggenda calabrese, il re finì col dire al Signore di Gibilterra che sarebbe stato altero di averlo per genero. Allora il re sdegnosamente lo condusse in una sala immensa dove erano moltissime statue di sale dalle forme bellissime; e additandole ad una ad una al re di Sicilia chiese se sua figlia avesse pari bellezza, e finì col dirgli che tutte quelle donne aveano sperato di poterlo sposare. Ora pareva al re di Sicilia che una di quelle statue rassomigliasse alla figlia, ora ne vedeva altre da lei assolutamente diverse; ma quando il re di Gibilterra gli fece intendere che non si sarebbe piegato a sposare la fanciulla, il povero padre, che tanto amava quella diletta sua, non seppe nascondere il proprio dolore, e disse al re che se respingeva l'affetto della fanciulla essa si sarebbe uccisa. Nell'udir quelle parole il re superbo prese freddamente un pugnale e lo porse al misero padre dicendo: «Se vorrà uccidersi datele quest'arme». Sempre più dolente il padre soggiunse: «Se dovrà rinunziare al vostro affetto si strangolerà». Il bel re di Gibilterra gli diede una sciarpa di seta rispondendo: «Se vorrà strangolarsi datele questa sciarpa». Il re di Sicilia si provò ancora una volta a commuovere il re superbo dicendo: «Se dovrà rinunziare a voi piangerà di continuo». Il bel re gli offrì un fazzoletto di stoffa d'oro dicendo: «Se piangerà datele questo fazzoletto per asciugarsi le lagrime». Il re di Sicilia tornò tristamente nel proprio regno, e narrò alla figlia quanto era avvenuto, poi, nella speranza di toglierle dal cuore l'amore, provandole tutta la crudeltà del re di Gibilterra, le mostrò il pugnale, la sciarpa, il fazzoletto. La fanciulla sentì acerbo dolore, ma non si sgomentò; prese quegli oggetti, poi chiese al padre in grazia che la lasciasse partire per un lungo viaggio, con un alto dignitario della corte. Il re versò molte lagrime nell'udire quella preghiera, ma non sapeva negare cosa alcuna all'unica figliuola, e le concesse quanto chiedeva. La fanciulla partì per Gibilterra, ove conobbe la sorella del re superbo; costei compiacevasi nel raccogliere molte belle fanciulle nei suoi palazzi fatati, che erano ascosi nel mare, e fra esse volle anche la giovane viaggiatrice, che non fece conoscere l'alto suo grado, ma seppe dare prova di tanta valentia nel sonare o nell'eseguire lavori diversi colle candide mani, che la sorella del re superbo parlò con frequenza a costui dell'ammirazione che provava per la giovanetta. Il re volle vederla e andò nelle splendide sale del palazzo ove ella dimorava; le belle fanciulle, in attesa di quella visita, avean fatto sfoggio di vesti ricchissime, ed eransi con molta arte adornate; la sola figlia del re di Sicilia, vestita dimessamente, accolse con orgoglio il re, continuando a lavorare e mostrando di non curarsi di lui. Forse a cagione di quell'indifferenza egli si accese d'amore nel vederla, e dopo quel giorno furono frequenti le sue visite alla bella sdegnosa, che non curavasi dell'amore che gli ardeva nel petto. Finalmente l'orgoglio del re superbo fu vinto, ed egli disse alla bella fanciulla che se non voleva accettarlo come sposo si sarebbe piantato un pugnale nel cuore. La fanciulla sorrise e gli presentò subito un pugnale. Al re parve di riconoscere quell'arme, ma nel dolore e nello sgomento di quell'ora badò appena a questo, e disse alla fanciulla che si sarebbe strangolato per amore. Ella sorrise ancora e gli presentò una sciarpa, che egli prese con somma meraviglia, riconoscendo in essa quella che aveva data al re di Sicilia. Sentì allora nel cuore una com-mozione profonda, e per togliersi dalla mente ogni dubbio disse con voce malferma alla fanciulla, che avrebbe pianto sempre, sempre. Ella sorrideva e gli porse un fazzoletto che egli ben conosceva; allora il re superbo seppe chi era colei che sdegnava l'amor suo; con molte lagrime le chiese perdono della crudeltà passata, e la pace fu conchiusa in mezzo al mare fra lui e la bella fanciulla. Ella volle vedere il palazzo del suo promesso sposo, passò nelle sale di corallo e di madreperla e giunse innanzi alle statue di sale, pregando il re di far cessare l'incantesimo che teneva prigioniere tante belle giovani. Egli ubbidì; per un caso meraviglioso le statue ebbero moto e vita, le fanciulle liberate si elevarono verso la superficie del mare per tornare nelle case lontane, e nel gaudio inenarrabile di quell'ora la terra di Sicilia fu congiunta dall'affetto al regno del re superbo. --------------------------------------- FONTE: Racconti del mare di Maria Savi Lopez
  • IL PRANZO DEL PRINCIPE
    C?era una volta un principe arabo di nome Tum-Allah , viveva nel regno di suo padre e passava le sue giornate andando a caccia con i suoi amici e scrivendo la storia della sua terra bellissima . Il principe era un buongustaio , inventava nuove ricette (che scriveva in un libro segreto ) e aveva nelle sue cucine cuochi che venivano da ogni parte del mondo . Il piatto che mangiava con più gusto era la gallina in brodo servita insieme al riso , alle uova sode e a piccoli pezzi di formaggio di capra . Era tanto goloso del suo piatto preferito che quando pensava di star fuori per qualche giorno i cuochi dovevano portarsi dietro galline ,uova , formaggi , spezie , pentoloni , sacchi di riso e tanti ,tanti utensili da cucina ??.sembrava ogni volta quasi un trasloco ! Un giorno suo padre re Terek si ammalò , mandò a chiamare il figlio e gli disse :- Figli mio , si avvicina il giorno della mia consueta visita nelle nostre terre di Sicilia ma la mia malattia non mi consente di affrontare un viaggio così lungo , dovrai andare tu al mio posto.- Tum-Allah fu ben felice di accettare perché era curioso di visitare nuove terre , di conoscere nuove persone e soprattutto di scoprire usi , costumi e ricette da scrivere nel suo libro segreto ; così si preparò alla partenza e indovinate quali furono le prime persone ad essere avvertite??ma i cuochi naturalmente!! Al palazzo ci fu gran fermento e dopo qualche giorno il principe era pronto a partire . Caricata la nave e imbarcati i passeggeri , si apprestarono a fare questo viaggio in terre a loro sconosciute. Approdarono nel piccolo attracco di Trezza ( l?attuale Aci Trezza ) e si trovarono di fronte allo spettacolo di una terra ricca di colori , di profumi che non si aspettavano. Appena sbarcato il principe vide venirgli incontro un giovane sorridente , scalzo e con in testa uno strano copricapo rosso a forma di cappuccio che nella sommità aveva un laccio intrecciato che finiva con un piccolo ?giummo?verde . Il giovane , appena fu in presenza del principe si tolse il copricapo ed inchinandosi rispettosamente salutò il principe :- Benvenuto eccellenza , il mio nome è Turiddu e sarò felice di accompagnarla in questi giorni che passerà qui in Sicilia .- Il giovane Turiddu fu subito simpatico al principe tanto che per l?indomani organizzarono una battuta di caccia alle pendici dell?Etna . I cuochi del principe , di buon mattino , precedettero i cacciatori per montare fornelli e pentoloni e preparare il pranzo ; furono cotte dieci galline , cento uova ed un sacco intero di riso per sfamare tutti . Quando il principe ed il suo seguito ,stanchi della caccia , tornarono al campo ,trovarono un pranzo degno di un re. Si sedettero a tavola e il principe volle Turiddu accanto per continuare a chiacchierare . I servitori sistemarono le vivande al centro della tavola e tutti cominciarono a mangiare servendosi con le mani ; tutti tranne Turiddu che con calma tirò fuori da un cestino una ?mappina? dove erano avvolte in altrettante , grosse, foglie di vite quattro ?beccafico ? di sarde . Il principe lo guardò esterrefatto mentre Turiddu prendeva i pesci ripieni dalla coda e cominciava a gustarli . - Sua signoria vuole favorire ?- Chiese Turiddu porgendo una foglia d?uva come se fosse un piatto prezioso . - Certamente , con piacere !- Rispose il principe e addentando il pesce ripieno di pangrattato , uova , formaggio e prezzemolo lo trovò tanto gustoso da chiedere a Turiddu la ricetta per il suo libro . - Mi dispiace eccellenza ? rispose Turiddu ma non so la ricetta , la chiederò a Nunziatina , la mia fidanzata , è lei che mi prepara queste buone cose quando vado a caccia !- L?indomani si ritrovarono ancora tra i boschi dell?Etna e ancora una volta , a pranzo , Turiddu non si unì agli altri ma tirò fuori dal suo cestino un involto di carta gialla , pesante , al suo interno quattro sfere dorate che emanavano un magnifico profumo :- Sua signoria vuole favorire ? Oggi Nunziatina mi ha preparato gli arancini di riso .- Il principe incuriosito dalla forma e dal profumo addentò un arancino scoprendo il ripieno di pezzetti di carne al sugo, i piselli , le uova sode ?.e pensò , chissà se esiste un modo per poter gustare la mia prelibata gallina in brodo senza fare tanta fatica ? Chissà se i miei cuochi sarebbero capaci di inventare un piatto buono , saporito e comodo da trasportare come quelli che prepara Nunziatina ? Ma non disse nulla . L?indomani aspettò con ansia di vedere cosa la fidanzata avesse preparato al suo amato ed effettivamente a pranzo Turiddu tirò fuori dal suo cestino ancora una volta la sua mappina ed all?interno c?erano delle fette di scacciata , fragranti e profumate come appena sfornate. - Vuole favorire sua signoria?- E il principe guardò meravigliato quella che poteva sembrare una grossa fetta di pane che però al suo interno nascondeva carne, verdure, formaggio , uova ,cioè un vero e proprio pranzo da tenere in mano ! Tornato nel suo paese il primo pensiero fu quello di bandire un concorso tra tutti i cuochi del regno per trovare un piatto come quelli gustati in Sicilia . Ma nessuno dei cuochi ci riuscì ; furono spennate e cotte decine e decine di galline , furono bolliti sacchi di riso e centinaia di uova , furono fatte a piccoli pezzi forme intere di formaggio ma niente si avvicinava ai piatti di Nunziatina. Il principe però non si arrese e ,vedendo che nessuno al suo paese riusciva ad accontentarlo partì di nuovo per la Sicilia con una nave carica di ogni ben di Dio deciso a trovare ciò che cercava . Figuratevi la sorpresa di Turiddu quando gli dissero che il principe Tum-Allah voleva parlare con lui e la sua fidanzata! Si presentarono al cospetto del principe che disse a Nunziatina :- Ho potuto apprezzare i piatti che cucini per Turiddu e vorrei che preparassi anche per me una pietanza che sia facile da trasportare così che io possa sempre mangiare la mia gallina in brodo .- Nunziatina si mise all?opera e , aiutata da Turiddu , spennò la gallina,la fece cuocere , rassodò le uova spezzettò il formaggio e mise tutti questi ingredienti all?interno di due strati di riso che aveva fatto cuocere nel brodo della gallina. L?indomani mattina si presentò al principe con quel piatto che sembrava una torta dorata . -Eccellenza ecco la pietanza che mi avete richiesto , l?ho chiamata ?tummala ? in vostro onore e spero che sia di vostro gradimento.- Il principe guardò la torta di riso pregustandone il sapore , la affettò ,scoprendone il gustoso segreto, la addentò e?..gli occhi gli si illuminarono ! Era proprio il piatto che voleva ! Ringraziò i due fidanzati che ricevettero in dono :un appezzamento di terreno , un premio in denaro e tutte le ricette del libro segreto del principe per poter vivere una vita felice .
  • Il Crocifisso Notaio
    Corre una leggenda (riportata dallo sto­rico brontese Bene­detto Radice nelle sue Memorie storiche di Bronte) che in passato il Crocifisso fosse eletto come testimone e notaio nelle pattuizioni che i brontesi usavano fare verbalmente davanti a Lui. La tradizione non ricorda alcun debitore che sia venuto meno alla sacra e solenne promessa, come spesso, invece, avveniva (e avviene) con i contratti pubblici. Ecco cosa scrive il Radice: «Una leggenda corre ancora per bocca dei Brontesi sul crocifisso. Era quel crocifisso, poco artistico in vero, dai nostri buoni nonni, tempi beati di fede, tenuto come testi­mone e notaio nelle contrattazioni. Creditore e debitore presentavansi innanzi a Lui: “O san­tissimo Crocifisso di S. Giovanni, diceva il creditore, sii tu testimone che alla tua presenza io dò onze 100 a Tizio in prestito, da restituire fra un anno”. “0 santissimo crocifisso di S. Giovanni, rispondeva il debitore, ricevo da Caio onze 100, che alla tua presenza mi obligo restituire fra un anno, innanzi a Voi sotto pena della mia dannazione”. La tradizione non ricorda se qualche debitore sia venuto meno alla sacra e solenne promessa. Ora i popoli progrediti in civiltà s’ingegnano di romper fede ai pubblici contratti e stimano stracci di carta le convenzioni anche internazionali. Oh tempora, Oh mores!» Fonte: http://www.bronteinsieme.it/1mo/ch_4.html
  • Racconti, miti e leggende










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