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Benvenuti in Sicilia

etnaportal.it  Turismo in Sicilia "manu manedda"
Immergiti in una cultura millenaria, nella cultura siciliana e riscoprirai nel Mediterraneo il cuore della sua gente...

Ri-Scopri le città di Sicilia

... Un viaggio fra colori, profumi, sapori per riscoprire l'unicità e la bellezza della Sicilia, accompagnati "manu manedda" alla scoperta di 390 piccoli mondi. ...

Feste, Sagre e Tradizioni

... Feste, Spettacoli, Expo, Mercatini, Folklore, Festival, Radunie Spettacoli teatrali. Per conoscere e scoprire, manifestazioni antiche e recenti. ...

Dove dormire in Sicilia

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Aidone

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Novara di Sicilia

Chiesa di Gesù e Maria

Religioso, Storico, Monumentale
Chiesa ad una navata, a pianta rettangolare in stile barocco (sec.XVII), aperta al culto nel 1697. La facciata è in muratura e pietra bianca con un'artistica torre campanaria che si erge su tre dadi....

  Calatabiano

Palazzo del Senato

Storico
Il Palazzo del Senato costruito nel XVIII secolo è sede storica del Comune di Misterbianco, ospita la sala consiliare e alcuni uffici.

  Misterbianco

Chiesa Madre Santa Maria la cava e Sant'Alfio, Filadelfo e Cirino

Religioso, Storico
La Chiesa Madre, in stile barocco, edificata dopo il terremoto del 1693 che si abbatté su tutta la Sicilia orientale, viene attribuita all'architetto Vella da Malta. Le sue origini però sono da rice...

  Lentini

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  • Miracolo Madonna dei Cappuccini
    Nell’anno 1726 una pioggia ininterrotta minacciava il raccolto del grano. Per scongiurare il pericolo della fame, tutto il popolo guidato dall’Arciprete e dal Sindaco del tempo, preceduto da uno stuolo di fanciulli e di fanciulle con le chiome sciolte si recò processionalmente nella chiesa dei Padri Cappuccini per implorare alla Vergine Santissima Immacolata la cessazione della pioggia. Non appena il quadro della Madonna fu portato in mezzo alla piazza antistante, cessò miracolosamente la pioggia che cadeva quasi ininterrottamente da circa due mesi (Giugno e Luglio). Da allora sempre viva è stata la gratitudine e la devozione dei Romettesi verso la Vergine Santissima Immacolata.
  • Simbolo dei coevi Fedeli d'Amore
    La Chiesa di Santa Caterina D'Alessandria, orientata verso l'Argimusco, a sud e non verso est, com'era usanza all'epoca, singolarmente conserva un merlo ghibellino e non ha nell'arco del portale nessuna chiave di volta: Nel portale si distingue, inoltre, una rosa simbolo dei coevi Fedeli d'Amore, cui apparteneva tra gli altri Dante Alighieri, e poi i Rosacroce. Santa Caterina D'Alessandria era la santa patrona degli alchimisti, e nel 1310 è documentato che Villanova, il piu' famoso alchimista e medico europeo, fosse al seguito di Federico III a Montalbano, per cui presente durante la costruzione. ---------------- Notizie tratte dal Libro "Argimusco Decoded, Antiche conoscenze mediche e alchemiche svelano il mistero sulla realizzazione del piu' grande sito di statue megalitiche al mondo" - di Alessandro Musco, Paul Devins.
  • Manu Manedda
    Cè 'nparadisu pusatu na tri pedi* unni lu celu si cusi cu lu mari, unni lu suli sciogghi lu pinseri, unni si scinni cchiù 'nfunnu 'nta lu cori. E l'occhiu si rapi a meravigghia na sta terra ca resta la cchiù bedda unni si veni, cu li frastorni arreri, ju t'accumpagnu … manu manedda. C'è un Paradiso poggiato su tre piedi* dove il cielo diventa un tutt'uno con il mare dove il sole scioglie la fantasia dove si arriva nella parte più profonda del cuore. e lo sguardo resta meravigliato per una terra che resta la più bella dove se vieni a visitarla, in vacanza, te le faccio scoprire accompagnandoti … mano nella mano. autore: Angelino Finocchiaro NOTE: *(allusione alla raffigurazione della Sicilia con il triscele e alla storia di Colapesce)
  • Tradizionale cursa co' cariolo

    Tradizionale cursa co' cariolo

    Aci Catena
    il 'cariolo' e un rudimentale strumento di 'locomozione', autocostruito con una tavola di legno e tre cuscinetti usati, con diverse varianti. Detto Cariolo a pallini.

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    Ricette

  • Badduzzi di nannatu di gerbia
    Ricetta di origini contadine, per 'nannatu di gerbia' (piccoli pesci della vasca di irrigazione del terreno: nelle campagne siciliane, era solito costruire una grande vasca per la raccolta dell'acqua di irrigazione da utilizzare nei periodi di siccita'), per indicare che la componente della ricetta non erano il 'mucco o nannatu' i pesci piccolissimi di mare, ma altro in questo caso le zucchine spinose, facili da coltivare ed anche una pianta infestante dalla velocità con cui cresce e si arrampica sulle recinzioni o sugli alberi vicini.
  • Pasta cca muddica
    Primo piatto saporito e sbrigativo che si pone ,per queste sue caratteristiche tra i piatti tipici della cucina ''povera'' siciliana
  • Biscotti di fichi
    Nella tradizione siciliana i biscotti sono presenti in tutte le province. Utilizzando sempre materiale ''povero'' sono state tramandate ricette gustose e di facile preparazione. La tradizione dei biscotti, rispetto ad un altro dolce è dovuta al fatto che in tutte le case si faceva il pane e si utilizzava il forno ormai non più caldissimo per infornare '' 'na dosi di cosi dùci ''
  • Limoncello di Sicilia
    Il Limoncello è un liquore prodotto dalla macerazione delle scorze dei limoni non trattati, in alcool etilico. Nonostante l'origine del Limoncello sia da ricondursi ai quartieri Amalfitani, grazie alla qualità dei nostri agrumi, anche in Sicilia si è creata una tradizione secolare sulla preparazione di questo strepitoso liquore. Vi propongo la ricetta di mio nonno Ernesto (originario di Acireale), e vi assicuro che per chiunque è possibile preparare un ottimo limoncello anche in casa, purché si selezionino solo limoni di qualità. E' possibile seguire la stessa ricetta utilizzando i mandarini al posto dei limoni, ottenendo così il Mandarinetto di Sicilia.
  • Ricette
  • Racconti, miti e leggende

  • Il Crocifisso Notaio
    Corre una leggenda (riportata dallo sto­rico brontese Bene­detto Radice nelle sue Memorie storiche di Bronte) che in passato il Crocifisso fosse eletto come testimone e notaio nelle pattuizioni che i brontesi usavano fare verbalmente davanti a Lui. La tradizione non ricorda alcun debitore che sia venuto meno alla sacra e solenne promessa, come spesso, invece, avveniva (e avviene) con i contratti pubblici. Ecco cosa scrive il Radice: «Una leggenda corre ancora per bocca dei Brontesi sul crocifisso. Era quel crocifisso, poco artistico in vero, dai nostri buoni nonni, tempi beati di fede, tenuto come testi­mone e notaio nelle contrattazioni. Creditore e debitore presentavansi innanzi a Lui: “O san­tissimo Crocifisso di S. Giovanni, diceva il creditore, sii tu testimone che alla tua presenza io dò onze 100 a Tizio in prestito, da restituire fra un anno”. “0 santissimo crocifisso di S. Giovanni, rispondeva il debitore, ricevo da Caio onze 100, che alla tua presenza mi obligo restituire fra un anno, innanzi a Voi sotto pena della mia dannazione”. La tradizione non ricorda se qualche debitore sia venuto meno alla sacra e solenne promessa. Ora i popoli progrediti in civiltà s’ingegnano di romper fede ai pubblici contratti e stimano stracci di carta le convenzioni anche internazionali. Oh tempora, Oh mores!» Fonte: http://www.bronteinsieme.it/1mo/ch_4.html
  • U Zitu e a Zita
    Su questo grosso scoglio che se ne sta perenne, in tutta la sua grandezza, in mezzo ai flutti calmi o tempestosi, si raccontava (e tutt'ora si racconta) una suggestiva storia d'amore tra due giovani del luogo. Rosalia (o Rosa) era la bellissima figlia diciottenne di un ricco signore di "Muntiriali". Un giorno tornando dalla sua quotidiana passeggiata, seguita come un'ombra dalla sua fida nutrice, vide un aitante e bellissimo giovane che trasportava, sulle spalle possenti, sacchi pieni di fave. La giovane Rosa fu come folgorata da quei possenti muscoli del giovane e se ne innamorò perdutamente. Era talmente innamorata di Peppe (questo era il nome del giovane) che osò sfidare le ire dell'arcigno e geloso genitore. Del resto anche Peppe non disdegnava e certo non restava insensibile alle lunghe occhiate e agli sguardi languidi della bella Rosa. A nulla valsero le minacce del padre di Lei di chiuderla, per il resto della sua vita, nel monastero delle Suore Orsoline di Girgenti. La fanciulla era talmente innamorata del suo Peppe e da questi, come detto, ricambiata, che non ne volle sapere di interrompere quella che il padre chiamava tresca. Intanto i due continuavano a vedersi furtivamente al calar del sole o alle prime ombre della sera, nel giardino del palazzo di Lei. Quando Peppe, poi, andava via, la giovane riertrava nelle sue stanze e buttandosi nel suo lettino, l'assaliva un pianto dirotto a causa della sua infelicità. Anche perchè, essendo orfana di madre (la mamma le era morta dandola alla luce) non aveva con chi parlare e con chi consigliarsi, dato che la nutrice stava dalla parte del padrone. Nel frattempo il padre della ragazza, avendo notato che la figliola era diventata pallida, triste e taciturna e avendo appreso dalla nutrice che raramente toccava cibo, volle consultarsi con il medico fisico di Muntiriali "Mastro" Giuseppe Modica. Questi visitando la fanciulla non potè che constatare che era sana come un pesce e le prescrisse solo delle lunghe passeggiate giornaliere che Rosa effettuava di buon grado, ma sotto lo sguardo vigile della vecchia governante. Purtroppo, come sempre accade, gli eventi precipitarono. Avendo saputo il padre che la figlia, nonostante le sue minacce, continuava a vedersi furtivamente con l'innamorato, decise di chiuderla in un lontano e sperduto monastero palermitano. Ma ahimè! La inattesa e brutta notizia sconvolse la giovane Rosa la quale fra i singhiozzi, mise al corrente della cosa anche il suo amato Peppe. "Uniti per la vita e per la morte" giurarono i due giovani amanti, ai quali balenò, in un attimo, un'idea tragica, ma sublime. Si sarebbero tolti la vita buttandosi a capofitto dalla Punta di Monte Rossello e fu così che, a notte fonda, i due giovani innamorati, datisi appuntamento, si buttarono a capo in giù per il monte sacrificando le loro giovani vite. Racconta la leggenda che dopo alcuni anni nel punto esatto dove i due trovarono orribile morte, spuntarono, come per incanto (o come un sortilegio) due scogli, uno legato all'altro da una sottile lingua di roccia. Qualcuno asserisce, non senza una buona dose di fantasia, che, nelle notti di luna piena e quando il mare è in bonaccia, chi si trova a passare con un'imbarcazione dai pressi della "Rocca Gucciarda", può udire una voce sublime e melodiosa di donna. E' la voce, dicono, di Rosa che canta una nenia triste e malinconica per lo sfortunato suo amore per Peppe. Ecco perchè, ancora oggi, lo scoglio della "Rocca Gucciarda" specie dai marinai, viene chiamato anche "U? Scogliu do Zitu e a Zita". Autore Calogero Alongi. Fonte www.comune.realmonte.ag.it/index.php?option=com_content&view=article&id=5:zito-zita-leggenda&catid=2:leggende&Itemid=24
  • IL PRANZO DEL PRINCIPE
    C?era una volta un principe arabo di nome Tum-Allah , viveva nel regno di suo padre e passava le sue giornate andando a caccia con i suoi amici e scrivendo la storia della sua terra bellissima . Il principe era un buongustaio , inventava nuove ricette (che scriveva in un libro segreto ) e aveva nelle sue cucine cuochi che venivano da ogni parte del mondo . Il piatto che mangiava con più gusto era la gallina in brodo servita insieme al riso , alle uova sode e a piccoli pezzi di formaggio di capra . Era tanto goloso del suo piatto preferito che quando pensava di star fuori per qualche giorno i cuochi dovevano portarsi dietro galline ,uova , formaggi , spezie , pentoloni , sacchi di riso e tanti ,tanti utensili da cucina ??.sembrava ogni volta quasi un trasloco ! Un giorno suo padre re Terek si ammalò , mandò a chiamare il figlio e gli disse :- Figli mio , si avvicina il giorno della mia consueta visita nelle nostre terre di Sicilia ma la mia malattia non mi consente di affrontare un viaggio così lungo , dovrai andare tu al mio posto.- Tum-Allah fu ben felice di accettare perché era curioso di visitare nuove terre , di conoscere nuove persone e soprattutto di scoprire usi , costumi e ricette da scrivere nel suo libro segreto ; così si preparò alla partenza e indovinate quali furono le prime persone ad essere avvertite??ma i cuochi naturalmente!! Al palazzo ci fu gran fermento e dopo qualche giorno il principe era pronto a partire . Caricata la nave e imbarcati i passeggeri , si apprestarono a fare questo viaggio in terre a loro sconosciute. Approdarono nel piccolo attracco di Trezza ( l?attuale Aci Trezza ) e si trovarono di fronte allo spettacolo di una terra ricca di colori , di profumi che non si aspettavano. Appena sbarcato il principe vide venirgli incontro un giovane sorridente , scalzo e con in testa uno strano copricapo rosso a forma di cappuccio che nella sommità aveva un laccio intrecciato che finiva con un piccolo ?giummo?verde . Il giovane , appena fu in presenza del principe si tolse il copricapo ed inchinandosi rispettosamente salutò il principe :- Benvenuto eccellenza , il mio nome è Turiddu e sarò felice di accompagnarla in questi giorni che passerà qui in Sicilia .- Il giovane Turiddu fu subito simpatico al principe tanto che per l?indomani organizzarono una battuta di caccia alle pendici dell?Etna . I cuochi del principe , di buon mattino , precedettero i cacciatori per montare fornelli e pentoloni e preparare il pranzo ; furono cotte dieci galline , cento uova ed un sacco intero di riso per sfamare tutti . Quando il principe ed il suo seguito ,stanchi della caccia , tornarono al campo ,trovarono un pranzo degno di un re. Si sedettero a tavola e il principe volle Turiddu accanto per continuare a chiacchierare . I servitori sistemarono le vivande al centro della tavola e tutti cominciarono a mangiare servendosi con le mani ; tutti tranne Turiddu che con calma tirò fuori da un cestino una ?mappina? dove erano avvolte in altrettante , grosse, foglie di vite quattro ?beccafico ? di sarde . Il principe lo guardò esterrefatto mentre Turiddu prendeva i pesci ripieni dalla coda e cominciava a gustarli . - Sua signoria vuole favorire ?- Chiese Turiddu porgendo una foglia d?uva come se fosse un piatto prezioso . - Certamente , con piacere !- Rispose il principe e addentando il pesce ripieno di pangrattato , uova , formaggio e prezzemolo lo trovò tanto gustoso da chiedere a Turiddu la ricetta per il suo libro . - Mi dispiace eccellenza ? rispose Turiddu ma non so la ricetta , la chiederò a Nunziatina , la mia fidanzata , è lei che mi prepara queste buone cose quando vado a caccia !- L?indomani si ritrovarono ancora tra i boschi dell?Etna e ancora una volta , a pranzo , Turiddu non si unì agli altri ma tirò fuori dal suo cestino un involto di carta gialla , pesante , al suo interno quattro sfere dorate che emanavano un magnifico profumo :- Sua signoria vuole favorire ? Oggi Nunziatina mi ha preparato gli arancini di riso .- Il principe incuriosito dalla forma e dal profumo addentò un arancino scoprendo il ripieno di pezzetti di carne al sugo, i piselli , le uova sode ?.e pensò , chissà se esiste un modo per poter gustare la mia prelibata gallina in brodo senza fare tanta fatica ? Chissà se i miei cuochi sarebbero capaci di inventare un piatto buono , saporito e comodo da trasportare come quelli che prepara Nunziatina ? Ma non disse nulla . L?indomani aspettò con ansia di vedere cosa la fidanzata avesse preparato al suo amato ed effettivamente a pranzo Turiddu tirò fuori dal suo cestino ancora una volta la sua mappina ed all?interno c?erano delle fette di scacciata , fragranti e profumate come appena sfornate. - Vuole favorire sua signoria?- E il principe guardò meravigliato quella che poteva sembrare una grossa fetta di pane che però al suo interno nascondeva carne, verdure, formaggio , uova ,cioè un vero e proprio pranzo da tenere in mano ! Tornato nel suo paese il primo pensiero fu quello di bandire un concorso tra tutti i cuochi del regno per trovare un piatto come quelli gustati in Sicilia . Ma nessuno dei cuochi ci riuscì ; furono spennate e cotte decine e decine di galline , furono bolliti sacchi di riso e centinaia di uova , furono fatte a piccoli pezzi forme intere di formaggio ma niente si avvicinava ai piatti di Nunziatina. Il principe però non si arrese e ,vedendo che nessuno al suo paese riusciva ad accontentarlo partì di nuovo per la Sicilia con una nave carica di ogni ben di Dio deciso a trovare ciò che cercava . Figuratevi la sorpresa di Turiddu quando gli dissero che il principe Tum-Allah voleva parlare con lui e la sua fidanzata! Si presentarono al cospetto del principe che disse a Nunziatina :- Ho potuto apprezzare i piatti che cucini per Turiddu e vorrei che preparassi anche per me una pietanza che sia facile da trasportare così che io possa sempre mangiare la mia gallina in brodo .- Nunziatina si mise all?opera e , aiutata da Turiddu , spennò la gallina,la fece cuocere , rassodò le uova spezzettò il formaggio e mise tutti questi ingredienti all?interno di due strati di riso che aveva fatto cuocere nel brodo della gallina. L?indomani mattina si presentò al principe con quel piatto che sembrava una torta dorata . -Eccellenza ecco la pietanza che mi avete richiesto , l?ho chiamata ?tummala ? in vostro onore e spero che sia di vostro gradimento.- Il principe guardò la torta di riso pregustandone il sapore , la affettò ,scoprendone il gustoso segreto, la addentò e?..gli occhi gli si illuminarono ! Era proprio il piatto che voleva ! Ringraziò i due fidanzati che ricevettero in dono :un appezzamento di terreno , un premio in denaro e tutte le ricette del libro segreto del principe per poter vivere una vita felice .
  • IL CASTAGNO ED I DIAVOLI ROSSI
    Sono nato da un piccolo riccio caduto per caso dalla bisaccia di un cacciatore. Sin da quando, piccolo arbusto, mi sono affacciato dalla terra, gli gnomi, che avevano casa poco lontano, provvedevano a tenermi caldo d?inverno ed a non farmi mancare l?acqua d?estate. Si sa, da noi in Sicilia, crescere non è facile, ma in breve tempo ho visto diventare il mio tronco vigoroso e forte e la mia chioma ricca e ombrosa tanto che i miei amici gnomi si sono trasferiti in una deliziosa villetta tra le mie radici. Mi ricordo che un giorno, la regina sorpresa dal temporale con tutto il suo seguito, trovò riparo sotto le mie fronde. Sapete come mi hanno chiamato da allora? ?Il castagno dei cento cavalli!? Lo so, vi sembra esagerato ma vi assicuro che c?era davvero una confusione apocalittica quella notte; tra lampi, tuoni, pioggia, e il vulcano che faceva la sua parte regalandoci continui boati!! Pensate che gli gnomi hanno impiegato quasi tutta la notte a tenere calmi i cavalli e i cani; e la giovane Giglioverde ( che è una sposina di appena 253 anni) ha utilizzato tutte le sue scorte di erbe e bacche per gli infusi calmanti! Per fortuna, al primo raggio di sole, le fate del mattino, spargendo un po? della loro polvere segreta mista al polline di zagara, hanno regalato a tutti un po? di riposo. Ma sapete quale è stata la notte in cui mi sono spaventato di più? E? stata la notte della rivolta dei Troll Quella notte terribile (erano già passati 200 anni da quando la regina si era riparata sotto le mie fronde) i Troll, giganteschi e minacciosi, con la pelle umida e sporca, brandendo le loro rudimentali clave e facendosi luce con enormi torce, si precipitarono per i sentieri impervi della montagna; volevano conquistare il territorio degli gnomi e quello degli elfi. La battaglia fu terribile ed improvvisamente un Troll, inciampando in una delle trappole tese dagli gnomi, cadde rovinosamente dando fuoco alle mie fronde. Il mio terrore era infinito, già mi vedevo morto come la quercia che il mese prima era stata colpita da un fulmine, avrei voluto fuggire mentre sentivo il mio tronco bruciare e la linfa scorrere via dal mio corpo. . . aiuto!. . . aiuto! pensai sempre più convinto di essere alla fine dei miei giorni; ma improvvisamente vidi arrivare da lontano. . . centinaia di diavoli rossi!! Cominciarono a percuotere le mie povere fronde doloranti. . . pensavo che veramente fosse giunta la mia ora. . . chiusi gli occhi per non vedere . . . Improvvisamente sul mio tronco, sui miei rami, sulle mie foglie, sentivo scorrere acqua; meravigliosa, provvidenziale acqua che spegneva il fuoco! Aprii gli occhi, quelli che mi erano sembrati diavoli erano invece decine di garibaldini che, trovandosi di passaggio mi avevano visto bruciare e bagnando il loro poncho rosso avevano spento le fiamme. Quella notte le mie fronde si sono vestite di rosso e dell?incendio non rimane altro che una stanza annerita scavata nel mio forte tronco.
  • Racconti, miti e leggende










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